…il dolore vero invece non arriva da un punto preciso, lui ti sta tutto intorno come il mare quando è mosso, un mare profondo e buio e pieno di onde altissime che arrivano da tutte le parti. La corrente ti porta un po’ di qua un po’ di là, poi arriva un’onda più alta e ti travolge e vai sott’acqua, e non respiri e non sai più dove sei, da che parte è il fondo e dove la superficie, e cosa sono queste cose molli e viscide che ti si appiccicano ai polsi e alle gambe e ti portano giù. Allora ti lasci andare e affondi per sempre…
romanzo
L’IMPREVEDIBILE PIANO DELLA SCRITTRICE SENZA NOME di Alice Basso
..e a questo punto succede una cosa strana: Mantegna, che fino a ora non s’è minimamente accorto della mia presenza, fa una specie di salto sul posto senza staccare il coccige dalla sedia, come uno di quei pupazzi snodati ce si allungano premendo un pulsane sul piedistallo. Si gira di colpo nella direzione da cui è venuta la mia voce, cioè l’angolo della stanza fra la porta e la libreria. Lì c’è una poltroncina di velluto verde, e dentro la poltroncina di velluto verde, con un vecchio libro puzzolente a caso fra le mani, ci sono io…
LA FEROCIA di Nicola Lagioia
…la pesante barriera di foglie che separava la villa dalla gemella iniziò a scuotersi. Il gatto tese le orecchie, portò una zampina verso l’alto. Soltanto le falene continuavano indisturbate la loro danza nell’aria primaverile.
Fu nello sfondo dell’impalpabile nuvolaglia grigio-verde che la ragazza fece il suo ingresso nel giardino. Era nuda, e pallida, e ricoperta di sangue. Aveva le unghie dei piedi laccate di rosso, belle caviglie dalle quali partiva un paio di gambe slanciate ma non secche. Fianchi morbidi. Un seno dritto e pieno. Avanzava un passo dietro l’altro – lenta, barcollante, tagliando il prato in due…
LA VITA PRODIGIOSA DI ISIDORO SIFFLOTON di Enrico Ianniello
Quando ero appena nato, avevo stretto gli occhi, i piccoli pugni blu per la tensione, avevo aperto la bocca e mi ero fatto rosso, come tutti i neonati. Ma non avevo pianto, eh no; avevo urlato, ma non avevo pianto. L’aria era entrata prepotente e senza invito nei polmoni non allenati, e io l’avevo ricacciata indietro con tutta la mia forza, ma non mi ero messo a piangere, non avevo fatto “nguè”. Avevo fatto “prì”. Avevo fischiato…
COME DONNA INNAMORATA di Marco Santagata
Lui non aveva capito, la sua poesia aveva intuito che Beatrice era un essere eccezionale. Non perché era bella, non perché brillava in società. Aveva intuito che la sua straordinarietà consisteva nel donare serenità, gioia, speranza, pace. Un dono che le era stato dato dal Cielo. Adesso che aveva saputo, comprendeva che il dono era anche una prova. Dio l’aveva eletta, ma le aveva imposto di splendere nel dolore e nel sacrificio. Nel modo arcano con il quale parla ai prescelti le aveva ordinato di non chiudersi nell’ombra e di non lasciare spegnere la luce che le aveva infuso; lei, obbediente, teneva nascosta dentro di sé la notte e arricchiva il giorno di un ulteriore fulgore. Si era domandato tante volte quale fosse il mistero di Bice e adesso gli si era rivelato. Sì, era un miracolo. Per un attimo gli era venuto di paragonarla a Cristo.
IL SENTIERO DEI PROFUMI di Cristina Caboni
Il profumo è il sentiero. Percorrerlo significa trovare la propria anima.
…
Il primo ricordo di Elena era il sole accecante della Costa Azzurra, il secondo una distesa infinita di lavanda. Verde e blu e rosa e lilla, e poi bianco e ancora e ancora… e poi c’era l’oscurità della bottega, quella dove sua madre lavorava china sui tavoli ricoperti da boccette di vetro e alluminio…
LA CHIAVE DI DANTE di G.L. Barone
Il telefono squillò.
L’uomo aprì gli occhi lentamente e in un primo momento faticò a riconoscere la stanza in cui si trovava.
Il trillo, intanto, era sempre più insistente. Da lontano e sommesso era diventato forte e chiaro, come un punteruolo che si incuneava nel suo cervello.
«Pronto», balbettò con la bocca impastata che sapeva ancora di alcol.
«Signor Cassini, è la reception», rispose una voce educata in un italiano perfetto.
Lo specchio barocco contornato in oro, la tappezzeria rossa e beige, il soffitto alto sei metri: adesso tutto cominciava ad apparire più familiare. Era nella suite Imperiale dell’hotel Ritz. Stava sdraiato nello stesso letto a baldacchino che la sera precedente aveva diviso con… la ragazza dallo strano braccialetto… come aveva detto di chiamarsi?
«Professore, ci aveva dato disposizioni precise», continuò la voce dall’altro capo del telefono. «Ci aveva chiesto di svegliarla alle 9 in punto».
Manuel Cassini si mise seduto sul letto. Con i piedi nudi sfiorò appena il tappeto. «Grazie», sussurrò con un filo di voce. In quel momento, la testa gli girava come se si fosse scolato un’intera cassa di Dom Pérignon. Almeno era quello che pensava, visto che non aveva l’abitudine di bere molto e non ricordava di essersi mai sentito tanto spossato…
LE DUE VERITA’ DELL’AMORE di Roberto Mocher
Quando si presentava l’occasione, Mathieu, con le persone giuste, amava raccontare come si fossero incontrati i suoi genitori. Forse perché era una storia inusuale, almeno per una piccola città della Sicilia. Forse perché, in fondo, era anche una bella storia d’amore, degna di un film di Amedeo Nazzari e Assia Noris. O forse perché, nel raccontarla, poteva rimarcare, con nonchalance, la differenza delle sue origini. Le fasi del racconto erano sempre narrate sommariamente, come se alcuni dettagli fossero andati persi per sua dimenticanza o per una sorta di pudore dei genitori nel tramandargli la storia per intero
CARBONE di Giacomo Marcou e Leonardo Corsini
“Non puoi restare qui, te ne devi andare, io non ne posso più di queste storie!”: le parole gridate da sua madre gli rimbalzavano nel cervello, provocandogli una lieve fitta alla nuca che faceva da eco al dolore della mano sinistra ogni volta che tirava la frizione. Sentiva la resistenza del vento sul petto e dentro il giubbotto di pelle nera avvertiva l’accelerare dei battiti cardiaci ogni volta che ripensava alla furiosa lite con suo padre. Eric odiava quell’uomo, di lui non riusciva più a tollerare neanche il minimo gesto. Trovava insopportabile persino la sua corporatura, la sua pancia, cresciuta esageratamente negli ultimi tre anni, il suo modo di camminare, il suo modo di atteggiarsi a divo, il suo puzzo di piedi ogni volta che, toltosi le scarpe e lasciatosi cadere sul divano di fronte al televisore, diffondeva appoggiando goffamente i talloni sul tavolino da fumo.
MI SPOSO A NEW YORK di Cassandra Rocca
“I preparativi per le nozze ti stanno stressando troppo?”, chiese Clover. “Vuoi una mano?”.
Già. Le nozze. A volte stentava a ricordare di essere ufficialmente fidanzata da circa un mese…
“No, mancano ancora sei settimane ed è tutto sotto controllo. Il lato positivo di celebrare due matrimoni in uno è che l’altra coppia si occuperà di quasi tutti i dettagli al posto mio”. Liberty avvertì, più che sentire realmente, il borbottio indistinto di Clover, e le rivolse un’occhiata divertita. “E ora che c’è?”