Parafrasi COMPLETA del canto 46 (XLVI) del poema Orlando Furioso

Parafrasi del Canto 43 (XLVI) del poema Orlando Furioso – Leone  rinuncia a Bradamante e convince Ruggiero a abbandonare l’idea di lasciarsi morire. Tornano quindi insieme a Parigi per svelare l’identità misteriosa del cavaliere che ha vinto in duello la mano della donna. Re Carlo organizza in grande stile il matrimonio tra Ruggiero e Bradamante, ma durante la cerimonia arriva Rodomonte che accusa il cristiano di tradimento e lo sfida a duello. Dopo un duro combattimento Ruggiero uccide il pagano.

Leggi il testo del canto 46 (XLVI) del poema Orlando Furioso

1
Ora, se la mia carta nautica dice il vero,
non manca molto ed il porto apparirà ai miei occhi;
così che giunto a riva posso finalmente sciogliere
i voti fatti a chi mi ha guidato e protetto lungo una via
così lunga; dove, o di non tornare con la nave intatta,
o di sbagliare sempre direzione, mi lasciai spaventare.
Ma mi sembra ora di vedere, anzi vedo per certo,
vedo la terra, e vedo la costa per un facile approdo.

2
Sento giungere fino a me un boato di voci e suoni
allegri che fa vibrare l’aria e rimbombare le onde:
sento suoni di campane e di trombe
che sovrastano e confondono l’alto grido delle persone.
Ora comincio anche a riconoscere chi sono quelle
persone che affollano entrambe le sponde del porto.
Sembra che tutti siano contenti per il fatto che sia
giunto fino alla fine di un viaggio tanto impegnativo.

3
Oh di che belle ed intelligenti donne,
oh di che nobili cavalieri vedo tutta la costa adorna!
Oh di che amici, verso i quali sarò sempre debitore
per l’immensa gioia che mostrano per il mio rientro!
Mamma e Ginevra e le altre da Correggio
vedo presso al molo, sulla sua punta estrema:
con loro c’è Veronica da Gambera,
così cara ad Apollo ed alle Muse.

4
Vedo un’altra Ginevra, sempre della medesima
stirpe della prima, e con lei c’è anche Giulia;
vedo Ippolita Sforza, e Damigella Trivulzio
cresciuta nel culto della poesia:
vedo te, Emilia dei conti Pio, te, Margherita Gonzaga,
che hai vicino a te Angela Borgia e Graziosa Maggi.
Insieme a Ricciarda d’Este ci sono le belle
Bianca, Diana e le loro altre sorelle.

5
Ed ecco anche la bella, ma molto più saggia ed onesta,
Barbara dei Turchi, e la sua compagna è Laura Dianti:
il sole non può vedere una bontà maggiore della loro
in tutto il suo corso, da oriente a occidente.
Ed ecco Ginevra, il cui valore impreziosisce
e rende famosa la casata Malatesta,
tanto che mai palazzi di imperatori o re
ebbero fregi più degni di rispetto e di stima.

6
Se lei fosse stata a Rimini in quel tempo
in cui il superbo Cesare, sottomessa la Gallia,
ebbe il dubbio se oltrepassare il Rubicone
e dichiarare così guerra a Roma; sono portato
a credere che ogni bandiera sarebbe stata abbassata,
i molti trofei sarebbero stati deposti ai suoi piedi,
avrebbe accettato tutte le condizioni da lei volute,
e forse non avrebbe più neanche oppresso la libertà degli altri.

7
C’è anche la moglie del signore di Bozolo,
e sua madre, le sorelle e le cugine, e ci sono
anche le donne delle famiglie Torelli e Bentivoglio,
e quelle delle famiglie Visconti e Pallavicino;
ed ecco anche colei che ruba a tutte le altre,
ed a quante o greche o barbare o latine ci furono
mai state, e delle quali si sentono ancora le lodi,
il miglior complimento per la grazia e la bellezza,

8
parlo di Giulia Gonzaga, che ovunque indirizzi i suoi
piedi, ed ovunque volga i suoi occhi sereni, non solo
qualunque altra donna le è inferiore per bellezza,
ma la ammira anche come fosse una dea scesa dal cielo.
Con lei c’è sua cognata, la cui fedeltà non
venne mai meno, sebbene la fortuna si mostrò
sua nemica e per molto tempo le si oppose. Ed ecco
Giovanna d’Aragona e musa del marchese del Vasto;

9
Ecco Anna, bella, gentile, cortese e saggia,
monumento alla castità, alla fedeltà ed all’amore.
Lì con lei c’è la sorella, che dove risplende la
sua gran bellezza, ogni altra donne subisce uno strazio.
Ecco colei che ha tolto dalla scura spiaggia dello
Stige, dall’oblio dell’oltretomba, con uno stile
mai più visto, a dispetto delle Parche e della Morte,
il suo mai sconfitto marito, facendolo risplendere nel cielo.

10
Le donne della mia Ferrara sono qui, e ci sono
anche quelle della corte di Urbino; e riconosco
quelle di Mantova, e tutte le belle donne che ci sono
in Lombardia e ad anche in Toscana. Il cavaliere
che viene avanti tra loro, ed a cui tutte le donne
rendono onore, se il mio occhio riesce a vedere,
nonostante sia offuscato dalla luce di tutti quei bei
volti, è il grand’uomo di Arezzo, Bernardo Accolti detto l’Unico.

11
Ecco, suo nipote Benedetto, lo vedo là, con indosso
un cappello ed un mantello color porpora, insieme
con il cardinali di Mantova e con Lorenzo Campeggi,
gloria e splendore del collegio dei cardinali:
e vedo come ognuno di loro (se non mi sbaglio)
nell’espressione e nei gesti si rallegra talmente
del mio ritorno, che non ritengo sia affatto facile
riuscire a sottrarmi dall’obbligo di accettare i loro festeggiamenti.

12
Con loro ci sono Lattanzio e Claudio Tolomei,
ed anche Paulo Pansa e mi sembra ci siano Gian Giorgio
Trissino e Latino Giovenale, ed i miei amici Capilupi,
ed anche Panfilo Sasso ed il Monza e Floriano Floriani;
e colui che per guidarci alla fonte delle Muse
ci ha mostrato un cammino più facile e più veloce,
Giulio Camillo; mi sembra anche di riconoscere
Marco Antonio Flaminio, il Sanga ed il Berni.

13
Ecco Alessandro Farnese, il mio signore:
oh con che persone dotte si accompagna!
Tommaso Inghirami, Cappella, Camillo de’ Porcari,
il bolognese Filippo Beroaldo, Maffei da Volterra,
il Maddaleni, Blosio, Pierio, il cremonese Vida,
fonte inesauribile di espressioni verbali efficaci,
ed anche Lascaris e Musuro e Navagero,
ed Andrea Marone ed il monaco Severo Varini.

14
Ecco anche altri due Alessandro in quel gruppetto,
l’uno degli Orologi, l’altro di cognome Guarini.
Ecco Mario Equicola, ed ecco la rovina
dei principi, il divino Pietro Aretino.
Vedo anche due Girolamo, uno di cognome
fa Verità, l’altro Cittadino.
Vedo Giovanni Mainardi, vedo Niccolò Leoniceno,
il Pannizzato, e Celio e Benedetto Tagliacarne.

15
La c’è Bernardo Capel, là vedo Pietro Bembo,
che come la nostra lingua pura e dolce può essere
tolta dal suo triste uso volgare, come dovrebbe
sempre essere, ci ha mostrato con il suo alto esempio.
L’uomo che lo segue è Gasparo Obizi, che
ammira e studia il suo modo tanto bello di scrivere.
Vedo Girolamo Fracastoro, Agostino Bevazzano,
Trifon Gabriele, e poco più lontano Bernardo Tasso.

16
Vedo Nicolò Tiepolo, e insieme a lui
Nicolò Amanio con gli occhi fissi su di me;
C’è Antonio Fregoso che nel vedermi oramai vicino
alla riva mostra tutta la sua gioia e meraviglia.
Il mio amico Valerio è quello che si è messo là,
lontano da tutte le donne; e forse ascolta il consiglio
di Pietro Barignano, che è lì con lui, su come,
sempre tormentato dalle donne, non innamorarsi mai.

17
Vedo anche persone dall’intelligenza alta e sovrumana,
uniti dal sangue e dall’affetto, Pico della Mirandola
e Alberto Pio. L’uomo che sta con loro, è che dai due
più degni riceve tanto onore, non l’ho invece mai visto;
ma, se le notizie che mi furono date sono vere,
è lui l’uomo che tanto desidero incontrare,
è Iacopo Sannazzaro, che convinse le Muse a lasciare
i monti per andare ad abitare sulle spiagge.

18
Ed ecco il colto, il fedele, il diligente
Bonaventura Pistofilo, segretario di Astolfo, che
insieme agli Acciaiuoli e con Pietro Martire d’Anghera
prova gioia, non dovendo più temere il mare per me.
Vedo Annibale Malaguzzi, mio cugino,
insieme con Edoardo, che mi dà la speranza di
poter ancora sentire il nome della mia città,
Reggio, riecheggiare in tutto il mondo.

19
Vittorio Fausto ed anche Tancredi fanno festa per
avermi rivisto, e con loro altre cento persone.
Vedo tutte le donne e tutti gli uomini
sembrare contenti di questo mio ritorno.
Quindi, per terminare la breve via che ancora mi resta
da percorrere, non devo trattenermi oltre, ora che
il vento mi è favorevole; torniamo a raccontare
di Melissa, e dell’aiuto che diede per salvare la vita a Ruggiero.

20
Questa Melissa, come so di avervi già detto
molte volte, aveva il grande desiderio
che Bradamante e Ruggiero riuscissero ad unirsi
nello stretto nodo sentimentale del matrimonio;
ed il bene ed il male di entrambi aveva così a cuore,
che ogni ora voleva essere informata su di loro.
Per questo evocava in continuazione gli spiriti,
che si susseguivano uno dopo l’altro.

21
In preda ad un dolore difficile da fare passare ed intenso
intenso aveva visto il suo Ruggiero, nel folto bosco,
che era più che mai saldamente deciso
a non assaporare più nessun alimento,
e voleva così darsi la morte con il digiuno estremo:
ma l’aiuto di Melissa fu rapido;
e, uscita dalla sua dimora, prese la via
che le permise di incontrare Leone:

22
il quale aveva mandato, uno dietro l’altro, tutta
la sua gente a cercare in tutti i luoghi intorno;
e poi era infine anche andato di persona
per riuscire a ritrovare il guerriero dell’unicorno.
La saggia incantatrice, che aveva quel giorno
messo freno e sella ad uno spirito,
dandogli la forma di in ronzino,
trovò infine Leone, figliolo di Costantino.

23
– Se il tuo animo è tanto ricco di nobiltà, come
si vede dal di fuori, signore (disse lei), mostrami
il tuo viso; se la vostra cortesia e bontà interiore
sono riprodotte fedelmente dal vostro aspetto esterno,
un poco di conforto, un poco d’aiuto siate disposto
a dare al migliore cavaliere dei giorni nostri:
perché se non riceve subito conforto ed aiuto,
non mancherà allora molto prima che muoia.

24
Il migliore cavaliere, che mai portasse e porti
ancora spada a lato e scudo al braccio; il più bello
ed il più gentile che mai ci sia stato al mondo,
mai considerando sia tutti i vivi che i morti,
solo a causa di una nobile cortesia che ha fatto,
ora sta per morire, se non trova chi lo conforti.
Per dio, signore, venite, e provate se per la sua
salvezza può essere d’aiuto un buon consiglio. –

25
Nell’animo di Leone viene subito il sospetto che
il cavaliere di cui sta parlando quella donna, sia
proprio colui per ritrovare il quale lui sta facendo
andare tutti i paesi alla ricerca, e lui stesso ne
prende parte; tanto che dietro a lei, che lo convince
a compiere un’opera tanto pietosa, sprona in fretta
il suo cavallo: lei lo portò (e non fecero un lungo
viaggio) dove Ruggiero era oramai sul punto di morire.

26
Lo trovarono al terzo giorno di completo digiuno,
e talmente sfinito ed abbattuto dalla fame, che
avrebbe fatto fatica a tirarsi in piedi, e sarebbe
poi subito caduto anche se nessuno l’avesse spinto.
Giaceva disteso a terra con ancora indosso l’armatura,
in testa l’elmo, e legata al fianco la spada; usava
come fosse il guanciale di un cuscino il suo scudo,
sul quale era stato ritratto l’unicorno.

27
Ripensando così alla grave offesa che aveva fatto
alla sua donna, ed a quanto ingrato e quanto poco
riconoscente fosse stato nei confronti di lei,
si infuria, non solo prova dolore; e si tormenta
a tal punto, che si morde le mani, morde le labbra,
bagna le guance con un pianto ininterrotto;
ed è talmente concentrato sui suoi pensieri,
che non sente arrivare né Leone e nemmeno Melissa;

28
non interrompe pertanto il suo continuo lamento, non
smette di sospirare, non smette neanche di piangere.
Leone si ferma, e sta ad ascoltare con attenzione;
poi smonta da cavallo e gli si avvicina.
Sa bene che è l’amore l’origine di tutto il suo
tormento; ma non ha chiaro chi sia la persona amata,
colei per la quale sopporta una tale punizione;
perché Ruggiero non glielo ha ancora detto.

29
Più avanti, ed ancora più avanti muove i suoi passi,
tanto che alla fine si pone faccia a faccia con lui;
lo saluta con un affetto fraterno,
si china al suo fianco, e lo abbraccia al collo.
Io non so dire bene quanto questo arrivo improvviso
di Leone possa alla fine fare piacere a Ruggiero;
perché ha paura che gli dia disturbo e voglia
infastidirlo, voglia opporsi alla sua volontà di morire.

30
Leone, con le più dolci e delicate parole
che era in grado di usare, con il maggiore affetto
che ere in grado di mostrare, gli dice: – Non ti pesi
dirmi quale è la ragione di tutto questo dolore;
perché pochi mali al mondo sono tanto terribili,
da non poter riuscire a salvare un uomo,
saputa quale ne è la ragione; e la sua speranza
non deve mai venire meno fintanto che è in vita.

31
Mi dispiace molto che tu ti sia voluto nascondere
a me, sapendo che io ti sono veramente amico,
non solo dopo che mi hai reso debitore a tal punto
che mai riuscirò a ripagarti, mai riuscirò a sciogliere
il debito, ma fin dal giorno in cui avrei avuto
tutti i motivi per diventare il tuo peggior nemico;
e devi sperare che io sia qui pronto a darti aiuto
con quanto possiedo, con gli amici e con la vita.

32
Non ti dispiaccia parlarmi del tuo dolore
e lascia che io provi ad aiutarti a fartelo
passare usando la mia forza, promesse,
la mia ricchezza, le mie abilità o l’astuzia.
Poi, se il mio intervento non avrà avuto successo,
lasciamo che alla fine sia la morte a toglierti dai
guai: ma non ostinarti a far accadere prima questo
atto, non permettendomi di fare tutto quanto può ancora essere fatto. –

33
E proseguì il suo discorso con preghiere tanto
efficaci, e con parole tanto umane e tanto benevoli,
che Ruggiero alla fine non riesce proprio a non
piegarsi, perché il suo cuore non è fatto né di ferro
né di roccia, e crede che negare una risposta
sarebbe stato un comportamento scortese e cattivo.
Risponde; ma due o tre volte le parole gli si
impigliano nelle labbra prima di lasciare la sua bocca.

34
– Mio signore (disse alla fine), quando scoprirai
chi sono io realmente (cosa che sto per dirti),
sono più che sicuro che sarai molto meno contento
di me, e sarai forse più contento se io muoio.
Devi sapere che io sono quell’uomo che tanto odi:
io sono Ruggiero e ti ho a mia volta tanto odiato;
con l’intenzione di darti la morte, molti giorni fa,
ho lasciato la corte di Re Carlo.

35
volevo ucciderti così che non mi potesse essere
da te tolta Bradamante, avendo sentito dire
che il padre Amone voleva dartela in sposa.
Ma perché l’uomo può solo proporre, ma è Dio che
decide, capitò una situazione di bisogno
e la tua grande cortesia mi fece cambiare opinione;
e non solo abbandonai tutto l’odio che provavo per te,
ma mi spinse a voler essere sempre al tuo servizio.

36
Tu mi hai chiesto con preghiere, non sapendo che
io fossi Ruggiero, di farti avere infine
Bradamante; ed era come chiedere di avere
il cuore, strappato dal corpo, o la mia anima.
Come infine ho voluto soddisfare il tuo desiderio
piuttosto che il mio, te l’ho ben dimostrato.
Bradamante è stata fatta tua; tientela in tranquillità:
mi fa molto più piacere il tuo stare bene che il mio.

37
Ti possa anche fare piacere, se mi sono già privato
di lei, che possa ora anche privarmi della vita;
perché preferisco rimanere senza anima, morire,
piuttosto che vivere senza la mia Bradamante.
Inoltre, non potresti mai averla legittimamente,
fintanto che io rimango vivo; perché noi ci siamo
già scambiati una promessa di matrimonio, e lei
non può di certo avere contemporaneamente due mariti. –

38
Leone rimane talmente meravigliato,
quando viene a sapere che quel cavaliere è Ruggiero,
che senza muovere la bocca o sbattere le ciglia
o muovere un passo, resta immobile come una statua:
più che ad un uomo assomiglia ad una statua, di
quelle che vengono messe in chiesa per fare un voto.
Gli sembra di aver ricevuto una cortesia talmente grande
che non ha potuto e mai potrà essere ricompensata.

39
Ed ora, saputo che si tratta di Ruggiero, non solo
non va diminuendo tutto il bene che gli voleva prima;
ma tanto invece va aumentando, che soffre per il dolore
provato da Ruggiero, non meno di Ruggiero stesso.
Perciò, e per mostrare di essere più che
meritatamente figlio di un imperatore, non vuole,
se già in tutto il resto Ruggiero gli è superiore,
di essere superato almeno in cortesia.

40
E dice: – Se quel giorno, Ruggiero, in cui il mio
esercito fu sbaragliato a causa del tuo stupendo valore,
quando io ti avevo ancora in odio, avessi saputo
che tu eri Ruggiero, come ho appena saputo;
tanto il tuo valore avrebbe fatto presa su di me,
come fece anche allora, quando non lo potevo sapere;
che avrei cacciato l’odio dal mio cuore, e subito
avrei messo tutto questo amore che ora provo per te.

41
Che avevo in odio il nome di Ruggiero prima
di sapere che quel Ruggiero eri tu,
non lo negherò di certo; ma che adesso possa durare
quell’odio che provai per te, non pensarci proprio.
E se, quando ti ho fatto uscire dal carcere,
avessi saputo il vero, quello che ho adesso appreso,
avrei comunque fatto anche allora la stessa cosa
che sto per fare ora per te, per il tuo bene.

42
E se lo avrei fatto volentieri anche allora, quando
non ti ero ancora debitore, come lo sono ora;
tanto più devo farlo adesso, dato che altrimenti
sarei, non facendolo, il peggiore degli ingrati;
dopo che tu, rinunciando a ciò che desideri,
ti sei privato d’ogni tuo bene per donarlo a me.
Ma io te lo rendo, e sono molto più contento di
renderlo a te di quanto avrei potuto esserlo se l’avessi ricevuto.

43
Si addice molto più a te che a me costei, Bradamante,
visto che, sebbene io la ami per tutte le sue qualità,
non succederà mai che io possa pensare, come hai fatto
tuo, se un altro l’avesse, di tagliare il filo della
mia vita. Non voglio che la tua morte mi sia d’aiuto,
così che possa, una volta che lei avrà sciolto la
promessa di matrimonio che vi siete fatti,
averla come mia legittima sposa.

44
Non solo di lei, ma voglio anche privarmi di tutto
ciò che ho al mondo, e poi della mia stessa vita,
prima che si possa dire che stia soffrendo per colpa
mia cavaliere così valoroso condotto a morte.
Mi dispiaccio anche della tua diffidenza:
tu che puoi, non meno di quanto possa io stesso,
disporre del mio sostegno, hai preferito morire
per il dolore piuttosto che ricevere aiuto da me. –

45
Disse Queste parole ed altre ne seguirono,
e andrei per le lunghe se volessi riportarle tutte,
e sempre rispondendo a tutte le ragioni
che Ruggiero poteva addurre in contrario; fece tanto,
che alla fine il cavaliere disse: – Cedo al tuo
volere, e sarò quindi contento di non morire. Ma
quando potrò ripagare il debito con te, che per due
volte mi hai ridato la vita, salvandomi dalla morte? –

46
Buon cibo e vino pregiato Melissa
fece portare all’istante in quel luogo;
e diede ristoro a Ruggiero, che era prossimo,
se non soccorso, a morire di stenti.
Nel frattempo Frontino, sentendo rumore
di cavalli, era accorso velocemente in quel luogo.
Leone lo fece catturare dai suoi scudieri,
lo fece sellare, e lo diede infine a Ruggiero;

47
il quale, con gran fatica, sebbene fosse aiutato
in questo da Leone, ci salì sopra: tanto
era venuto meno tutto quel suo vigore, che solo
pochi giorni prima aveva dato gran mostra di sé,
sconfiggendo tutto solo un intero esercito, e
compiendo poi tutte quelle grandi imprese con armi falsate.
Partiti da qui, giunsero, dopo aver percorso meno di mezza lega, ad una abbazia.

48
dove riposarono per tutto il resto di quel giorno,
ed anche il successivo, ed tutto il giorno dopo ancora,
fintanto che il cavaliere con lo stemma del liocorno
riuscì infine a riacquistare tutte le sue forze.
Poi insieme a Melissa ed a Leone fece infine
ritorno Ruggiero alla città sede del re, Parigi,
e trovò che una ambasciata dei Bulgari
vi era già giunta la sera precedente.

49
Perché quella nazione, che aveva
scelto Ruggiero come proprio re, a Parigi aveva
mandato questi suoi rappresentanti, credendo di
poterlo trovare in Francia alla corte di Carlo Magno:
perché voleva giurargli fedeltà,
affidare a lui il suo dominio, ed incoronarlo re.
Lo scudiero di Ruggiero, che si trova in mezzo
a questa gente, ha portato notizie su di lui.

50
Ha raccontato della battaglia che aveva sostenuto
a Belgrado in favore del popolo bulgaro,
dove aveva sconfitto Leone ed il padre imperatore,
e la loro gente aveva ucciso e messo in fuga;
e per questo i bulgari lo avevano eletto loro signore,
mettendo da parte qualunque uomo della loro stirpe:
raccontò poi di come a Novigrado era stato fatto
prigioniero da Ungiardo e consegnato infine a Teodora:

51
raccontò che poi era stata data per certa la notizia
che il suo guardiano era stato trovato morto, ucciso,
mentre Ruggiero era fuggito e la sua cella era aperta:
di cosa fosse successo dopo non c’era notizia alcuna.
Ruggiero, attraversando una via segreta, entrò
in città senza che nessuno potesse vederlo in viso.
La mattina seguente, insieme al compagno
Leone, si presentò infine alla corte di Carlo Magno.

52
Ruggiero si presentò con lo stemma imperiale
dell’uccello doro a due teste su sfondo rosso acceso,
e come era stato stabilito tra loro due,
con le stesse insegne e la stessa sopravveste che,
come in precedenza era state ridotte nel duello,
erano adesso ancora tagliate, forate e segnate;
così che subito venne riconosciuto come colui
che aveva combattuto contro Bradamante.

53
Con vestiti in materiali preziosi e regalmente adornato,
Leone avanzava al suo fianco senza portare armi;
e davanti e dietro e da ogni altro lato
era seguito da una compagnia rispettabile e stimabile.
Si inchinò davanti a Carlo, che già si era alzato
per andargli incontro; e continuando a tenere la mano
di Ruggiero, sul quale attenti e fissi erano posati
gli sguardi di tutti i presenti, disse così:

54
– Questo è quel valoroso cavaliere che è riuscito
a difendersi dal nascere del giorno fino al tramonto:
e poiché Bradamante non è riuscita ad ucciderlo
a farlo prigioniero o a spingerlo fuori dal recinto,
o generoso signore, se ha bene compreso
il vostro bando, è allora certo di avere vinto
e di essersi quindi guadagnato in moglie Bradamante;
e così si presenta da voi, affinché gli si data.

55
Oltre che per diritto, per quelle che erano le
condizioni del bando, comunque nessun altro uomo può
avanzare pretese: se la si deve meritare mostrando il
proprio valore, quale cavaliere è più degno di lui?
se la deve avere chi più prova amore per lei, non
c’è nessuno che superi o arrivi al suo sentimento.
Ed è qui pronto, contro chiunque si opponga,
a difendere con le armi tutti i suoi diritti..

56
Carlo e tutta la sua corte restarono stupefatti
al sentire queste parole; dato che avevano creduto
che la battaglia fosse stata sostenuta da Leone,
e non da questo cavaliere sconosciuto.
Marfisa, che con gli altri si era unità lì
per ascoltare il discorso, e che a fatica era riuscita
a tacere fintanto che Leone non ebbe terminato
il suo discorso, si fece infine avanti e disse:

57
– Dal momento che non è presente Ruggiero, per poter
sostenere la contesa contro costui per questa donna;
per evitare che, per mancanza di difesa,
senza nessun duello gli venga tolta la promessa sposa,
io che di Ruggiero sono la sorella, mi faccio carico
di questa impresa contro chiunque, sia pure chi volete,
dica di avere dei diritti su Bradamante, o che voglia
per meriti porsi davanti a Ruggiero stesso. –

58
E con tanta ira e con tanto disprezzo espresse
questo suo pensiero, che molti temettero che
senza aspettare che Carlo potesse avere il tempo di
esprimersi a favore, lei passasse subito all’azione.
A quel punto a Leone non sembrò più necessario che
Ruggiero stesse nascosto, e gli levò quindi l’elmetto;
e rivolto a Marfisa disse: – Ecco, lui e pronto
a rendervi conto di sé stesso –

59
Come rimase stupito il vecchio Egeo, quando,
durante quel pasto sciagurato, si fu accorto
che era suo figlio quello al quale, per insistenza
della moglie, aveva offerto una coppa di veleno;
e se avesse messo ancora più tempo a riconoscerne
la spada, di sicuro l’avrebbe infine anche ucciso:
così rimase Marfisa, quando quel cavaliere che tanto
aveva odiato, alla fine si rivelò essere Ruggiero.

60
E corse subito, senza aspettare, ad abbracciarlo,
e non sapeva più come potersi staccare dal suo collo.
Rinaldo, Orlando, e prima di loro Carlo Magno,
lo baciarono con grande affetto da ogni parte.
E di trattarlo con affetto, né Dudone né Oliviero,
e nemmeno il re Sobrino riesce ad averne abbastanza.
Nessuno dei paladini e nessuno dei baroni
rimase senza fare festa a Ruggiero.

61
Leone, che era uno che sapeva parlare molto bene,
una volta che furono terminati tutti gli abbracci,
cominciò a raccontare davanti a re Carlo,
con tutti quelli presenti pronti ad ascoltarlo,
come la forza, come il coraggio (anche se con
un grande danno sofferto dalla sua gente) di Ruggiero,
che era giunto fino a Belgrado, avevano avuto potere
sulla sua opinione più di qualunque offesa ricevuta;

62
così che dopo, essendo stato fatto prigioniero e
condotto da quella donna, Teodora, che l’avrebbe
torturato in ogni modo, nonostante agisse contro
l’interesse di tutta la sua stirpe, lo tirò fuori di
prigione; e raccontò come il buon Ruggiero, per dare
un premio ed una ricompensa a Leone per il salvataggio,
fece quella massima cortesia che sempre sarà superiore
a tutte le cortesie che sono state o saranno mai fatte.

63
E proseguendo, raccontò nei minimi particolari
tutto ciò che Ruggiero aveva compiuto per lui;
e come poi, trafitto al cuore da un grande dolore,
tanto gli pesava perdere la sua promessa sposa,
aveva deciso di lasciarsi morire; e ci era andato
molto vicino, se non fosse stato soccorso in tempo.
E raccontò tutto mettendoci un così dolce affetto, che
nessuno dei presenti riuscì a tenere gli occhi asciutti.

64
Rivolse poi preghiere tanto efficaci, tanto
toccanti, all’indirizzo dell’ostinato re Amone,
che non solo riesce a smuoverlo, a piegarlo,
a fargli cambiare completamente opinione;
ma ottiene anche non si rifiuti di andare di persona
da Ruggiero per supplicarlo di perdonarlo,
e di accettarlo infine come padre e come suocero:
e così facendo gli promette in sposa Bradamante.

65
Alla quale, là dove, incerta sulla propria vita,
in una camera segreta piangeva la sua triste situazione,
tra grida di felicità, molto velocemente arrivò
la lieta notizia portata da più di un messaggero:
tanto che il sangue che al cuore, quando fu colpita
dal dolore, era tutto affluito per l’angoscia,
a questa notizia lo abbandonò subito in tal modo che
per poco la ragazza non morì per la troppa gioia.

66
Bradamante rimane talmente priva di forze,
da non riuscire a tenersi in piedi da sola;
benché avesse una forza fisica che era ben nota
a tutti, ed anche una grande forza d’animo.
Nessuno più di lei, che sia stato condattato alla
decapitazione, all’impiccagione, alla ruota o ad altra
morte violenta, e che sia stato anche già bendato,
sentendo gridare la grazia, può provare una tale gioia.

67
Si rallegrano tutti i Mongrana ed i Chiaromonte,
che i loro due rami si siano nuovamente ricongiunti;
in egual misura si dispiace invece Gano insieme al
conte Anselmo, con Falcone, Gini e Ginami dol Maganza;
ma riescono comunque a nascondere nell’espressione
tutti i loro pensieri d’invidia e e di tristezza;
ed attendono il momento per potersi vendicare,
così come la volpe aspetta al varco la lepre.

68
In passato Rinaldo ed Orlando avevano giù ucciso
in più occasioni molti di quella stirpe malvagia;
nonostante gli insulti ed i risentimenti furono
stati sedati grazie al saggio intervento di re Carlo;
il loro sorriso era stato poi nuovamente spento
dalle uccisioni di Pinabello e Bertolagi; ma
continuavano comunque a tenere nascosto il tradimento,
facendo finta di non sapere chi li aveva uccisi.

69
Gli ambasciatori bulgari che erano giunti alla corte
di re Carlo, come ho prima detto, spinti dalla speranza
di ritrovare il valoroso guerriero che portava
un liocorno come stemma, scelto come loro signore;
sentendo che era lì, si dichiararono fortunati, poiché
la loro speranza si era poi tramutata in realtà;
gli si gettarono tutti riverenti ai suoi piedi,
e lo pregarono di tornare con loro in Bulgaria;

70
dove, nella città di Adrianopoli, erano già stati
riservati a lui lo scettro e la corona da re:
ma deve correre a difendere lo stato:
perché, per danneggiare nuovamente loro, si dice
che Costantino abbia questa volta preparato un esercito
ancora più grande, ed è ritornato anche di persona:
ed essi, potendo avere il loro re dalla loro parte,
sperano anche di riuscire a conquistare l’impero greco.

71
Ruggiero accettò il regno, senza opporsi
alle loro preghiere, e promise loro anche di farsi
trovare in Bulgaria al loro fianco fra tre mesi,
a condizione che la Fortuna non decidesse diversamente.
Leone Augusto, avendo inteso la situazione,
disse a Ruggiero che, e si fidasse delle sue parole,
ora che è lui il signore del popolo bulgaro, può
considerare pace fatta con l’imperatore Costantino:

72
e non dovrà quindi neanche partire in tutta fretta
da Parigi, per andare a comandare il suo esercito,
perché ad ogni terra che i Bulgari abbiano assoggettato
farà rinunciare il padre Costantino.
Non c’è nessuna tra le virtù di Ruggiero già note,
che sappia muovere dalla sua opposizione al matrimonio
la madre di Bradamante, e fare in modo che ami
il futuro genero, più del sentirlo adesso chiamare re.

73
Vennero organizzate nozze splendide e reali, degne
di chi si prende cura dell’organizzazione: re Carlo
se ne prende cura, e le organizza come dovrebbero
essere, se stesse per maritare una sua figlia.
I meriti della donna, di Bradamante, erano tali,
oltre ai meriti di tutta la sua famiglia,
che non gli sembrò di fare una pazzia
spendendo per lei metà di tutto il suo regno.

74
Rende libero l’accesso alla corte da ogni luogo,
così che ognuno possa entrarci senza temere;
e campo libero per nove giorni di fila concede a tutti
quelli che devono risolvere una contesa con un duello.
Fece preparare in aperta campagna gli addobbi per la
cerimonia, intrecciando rami e abbellendo con fiori,
e poi con tendaggi di seta ornati con oro, tanto bello
a vedersi da renderlo il più bel posto che ci fosse al mondo.

75
Dentro a Parigi non avrebbero mai potuto alloggiare
tutte le genti venute da fuori,
sia povere che ricche e di ogni varietà
che c’era al mondo, greci, barbari e latini.
I tanti signori, e le ambasciate mandate
da ogni parte del mondo, non avevano mai fine:
in padiglioni, tende ed alloggi fatti con rami,
tutti trovarono alloggio nella massima comodità.

76
Con un arredamento singolare e di eccellente finitura,
la notte prima, la maga Melissa
aveva fatto preparare la stanza nuziale,
cosa che aveva desiderato di fare già da tanto tempo.
Quella indovina, aveva desiderato che già molto
tempo prima avesse avuto luogo questo matrimonio:
capace di prevedere il futuro, sapeva bene quale stirpe
gloriosa avrebbe avuto origine dalla loro unione.

77
Aveva posto il fecondo letto matrimoniale
in mezzo ad un padiglione ampio e capiente, il più
prezioso, il più abbellito, il più piacevole che mai
era stato prima allestito, in guerra o in pace,
sia prima che anche dopo, in tutto il mondo;
l’aveva preso dalla costa della Tracia;
l’aveva tolto proprio da sopra la testa di Costantino,
che aveva deciso di accamparsi sulla riva del mare.

78
Melissa, con il consenso di Leone,
ma soprattutto per farlo stupire, mostrandogli
un buon esempio della sua arte magica,
che ha il potere di dominare non solo il demonio,
per usarlo secondo la propria volontà, ma anche
tutti quei demoni che sono in odio a Dio;
fece portare dai servi infernali
il padiglione da Costantinopoli fino a Parigi.

79
Da sopra la testa di Costantino, che aveva il dominio
della Grecia, lo tolse circa a mezzogiorno,
con tutte le corde ed anche il fusto, e con tutte
le cose che vi si trovavano dentro e tutt’intorno:
lo fece trasportare in aria, ed infine lo fece
diventare il ricco alloggiamento di Ruggiero.
Dopo, terminate le nozze, lo fece ritornare
con un altro incantesimo dove era stato preso.

80
Erano già passati circa duemila anni
da quando quel ricco padiglione fu cucito.
Un ragazza della città di Troia,
che accompagnava l’arte della profezia
ad un lungo studio e a veglie,
lo fece tutto con le sue mani.
Il suo nome era Cassandra, e lo diede
in dono al suo famoso fratello Ettore.

81
Il più cortese tra i cavalieri che mai
sarebbe nato dalla stirpe generata da suo fratello
(sapendo bene che dalla radice si sarebbe dovuti
passare per molti rami prima di arrivare a lui)
lo aveva anche ritratto negli allegri ricami
fatti in oro e seta varia, tutto con le sue mani.
Ettore, fintanto che fu in vita, lo ebbe molto caro
non solo perché fatto da Cassandra, ma anche per la qualità del lavoro.

82
Ma dopo che fu ucciso a tradimento,
e che il popolo troiano fu sconfitto dai greci;
dopo che il falso Sinon fece aprire le loro porte,
e ciò che accadde dopo fu molto peggio di come viene
raccontato; il re Menelao ricevette il padiglione
in sorte, con il quale venne poi a capitare in Egitto,
dove lo lasciò al re Proteo, per poter riavere
indietro la moglie che quel tiranno gli aveva rapito.

83
Elena era il nome di quella donna per riavere
la quale Menelao diede a Proteo il padiglione;
che poi passò per diritto di successione ai Tolomei,
così che fu poi ereditato da Cleopatra.
Dai soldati di Agrippa fu sottratto a lei nel mare
presso Leucadio insieme a molte altre cose preziose:
finì nelle mani di Augusto e di Tiberio,
e fu quindi tenuto a Roma fino ai tempi di Costantino;

84
quel Costantino a causa del quale si deve ancora
dolere tutta la bella Italia, per sempre.
Costantino, dopo essersi stancato del fiume Tevere,
portò a Bisanzio quel prezioso padiglione:
Melissa lo ebbe da un altro Costantino.
Le corde erano d’oro, il palo centrale in avorio;
tutto trapuntato con belle figure, più belle di quelle
che avrebbe potuto dipingere il famoso pittore Apelle.

85
In un punto le Grazie, vestite con abiti allegri,
aiutavano una regina (Eleonora d’Aragona) a partorire:
il neonato appariva tanto bello, che tutto il mondo
non ne vide uno simile dalla prima alla quarta epoca.
Si vedeva Giove, e Mercurio dal parlare facile,
Venere e Marte, che lo avevano cosparso
a piene mani e lo spargevano ancora di doti divine,
dolce ambrosia e di profumi celesti.

86
Il nome Ippolito era riportato sopra le fasce
che lo avvolgevano, in piccole lettere.
Nella maggiore età la Fortuna
lo teneva per mano ed il Valore lo precedeva.
Erano quindi dipinte nove persone straniere,
con abiti e capelli lunghi, giunte
per chiedere al padre, da parte di Mattia Corvino,
di avere quel dolce bambino.

87
Si vede lui che si separa con riverenza
dal padre Ercole e dalla madre Eleonora:
e che giunge fino al Danubio, dove tutta la gente
accorre per vederlo, e lo adora come fosse un dio.
Si vede il saggio re dell’Ungheria, che ammira
e rende onore al suo sapere da persona matura
nonostante una età non ancora tanto matura,
e lo innalza quindi sopra a tutti i suoi baroni.

88
Vi è raffigurato anche chi gli affida, quando
ancora era in giovane età, il vescovato di Strigonia:
il ragazzo lo si vede sempre al suo fianco sia
nel palazzo reale che negli accampamenti militari:
sia contro i Turchi, sia contro i tedeschi,
ovunque quel potente re vada in spedizione,
Ippolito gli è al fianco, presta grande attenzione
alle sue generose gesta, ed impara tutte le sue virtù.

89
Qui si vede come spenda la sua giovinezza
nello studio dell’arte militare e delle lettere.
Tommaso Fusco gli è a fianco, ed il significato
nascosto delle opere dei classici gli rende chiaro.
– Questo si deve evitare, queste va seguito, se
desideri diventare immortale e guadagnarti la gloria, –
sembra dirgli: tanto bene era riuscito
a dar vita ai loro gesti chi li aveva dipinti.

90
Poi appare nelle vesti di cardinale, ancora giovane,
seduto in concistoro in Vaticano, e con chiarezza
di linguaggio esprimere il suo alto pensiero,
e lasciare così stupiti tutti i presenti.
– Come potrà allora essere nell’età matura?
(sembravano dirsi l’un l’altro con meraviglia).
Oh se mai sarà che un giorno diventi Papa,
che periodo fortunato! Che secolo santo! –

91
In un altro punto erano rappresentati i nobili
svaghi ed i giochi di quel giovane illustre.
Ora affronta gli orsi sui massicci alpini,
ora i cinghiali in una valle paludosa: ora sembra
più veloce del vento mentre, a cavallo, è
all’inseguimento di un capriolo o di una cerva adulta,
che, raggiunta, sembra cadere a terra divisa in due
parti uguale dopo un solo colpo di spada.

92
Altrove, lo si vede in mezzo ad una
onorata folla di filosofi e di poeti.
Uno gli dipinge il corso dei pianeti, un’altro la
terra, un’altro di descrive nei particolari il cielo:
questo una triste elegia, quello versi allegri,
quell’altro canta versi eroici, o qualche ode graziosa.
Ascolta musicisti, ed altri suoni altrove; e non muove
un solo passo senza metterci tutta la sua immensa grazia.

93
In questa prima parte del padiglione era
rappresentata l’infanzia di questo sublime garzone.
Cassandra l’aveva tutta ricamata riprendendo
gesti di prudenza, di giustizia, di forza,
di modestia, e della quinta virtù che è amica stretta
di tutte queste prime, mi riferisco a quella,
la generosità, che spinge a donare e spendere;
e lui tutto risplende di tutte queste sue virtù.

94
Nella seconda parte il giovane è raffigurato insieme
allo sfortunato duca dei lombardi, Ludovico il Moro,
che in una scena siede con lui in pace per discutere,
in un’altra è tutto armato e spiega la sua insegna
con il biscione; e sempre mostra la stessa fedeltà,
tanto nei momenti felici quanto in quelli bui:
lo segue nella fuga, lo conforta
nel dolore, gli fa da scorta nel pericolo.

95
In un’altra parte è raffigurato tutto preso da
ragionamenti per salvare il duca Alfonso e Ferrara,
cerca di trovare un sottile espediente,
ed infine ci riesce, per rendere evidente
all’onestissimo fratello il tradimento compiuto
dalla famiglia a lui più cara, degli Este: e per
questo meritò di ereditare quel titolo, “Padre della
patria”, che Roma diede a Cicerone dopo essere stata liberata.

96
In altri parti è raffigurato in armature luccicanti,
mentre corre in fretta in aiuto della Chiesa;
ed con poca gente raccolta alla rinfusa
si oppone ad eserciti bene organizzati ed armati;
e il solo fatto che lui sia presente tra loro viene
tanto in aiuto agli ecclesiastici, che il fuoco
viene spento prima ancora che possa iniziare ad ardere:
tanto che si può ben dire che venne, vide e vinse.

97
Altrove ancora è rappresentato sulla sponda del fiume
Po mentre combatte contro la flotta più forte
che mai, contro Turchi o contro greci o bizantini,
fu mandata da parte dei veneziani: la sbaraglia
e la sconfigge, e la dona come prigioniera
al fratello insieme a tutto il resto del bottino;
non lo puoi vedere trattenere nulla per sé, se non
l’onore, e solo perché non può donarlo ad altri.

98
Le donne ed i cavalieri osservano con attenzione,
senza riuscire a capirle, tutte queste figure;
perché non c’è nessuno lì con loro che li informi
che quelli che vedono sono fatti che accadranno in
futuro. Provano semplicemente piacere a guardare
i visi belli e ben fatti, ed a leggere le scritte.
Solo Bradamante, istruita da Melissa, gioisce
tra sé e sé; perché conosce tutta la storia.

99
Ruggiero, pur non essendo tanto informato quanto
lo era stata Bradamante, ricorda però che
il mago Atlante era solito, tra i suoi vari nipoti,
lodare spesso questo cardinale Ippolito.
Chi potrebbe mai riuscire in versi a raccontare
tutte le cortesie che re Carlo fece ad ogni persona?
Si fa continuamente feste con vari giochi,
e la mensa è piena di vivande ad ogni ora.

100
Si può valutare bene chi è un buon cavaliere;
visto che ogni giorno vengono rotte mille lance: si
svolgono duelli a piedi ed in sella al cavallo, altri
in coppia, altri confusamente schiera contro schiera.
Ruggiero mostra il suo valore più di ogni altro,
perché vince sempre, e duella sia di giorno che di
notte; e lo stesso nella danza, nella lotta ed in ogni
altra arte, sempre, con molto onore, è superiore agli altri.

101
L’ultimo giorno, nell’ora in cui il solenne
banchetto era cominciato in modo molto festoso;
con Carlo che aveva alla sua sinistra Ruggiero,
e teneva Bradamante alla sua destra;
dalla campagna arrivò a tutta velocità,
in direzione delle tavolate, un cavaliere armato,
tutto coperto di nero, così come il suo cavallo,
dalla corporatura imponente e dai modi fieri.

102
Costui era Rodomonte, il re d’Algeri, che a causa
dell’offesa subita sul ponte da parte di Bradamante,
si era giurato di non indossare più nessuna corazza,
di non impugnare la spada, né di montare un cavallo,
prima di avere passato un anno, un mese ed un giorno
chiuso, come fosse un eremita, in una cella.
Così erano soliti punirsi a quel tempo
i cavalieri per aver commesso gravi errori.

103
Sebbene fosse venuto a conoscenza nel frattempo di
ciò che era successo a re Carlo e a re Agramante;
per non mancare al giuramento, non prese comunque le
armi e fece come se il resto non lo riguardasse.
Ma dopo che tutto l’anno e tutto il mese arrivarono
al termine, e così anche il giorno successivo,
con una nuova armatura e nuovo cavallo e spada e
lancia, raggiunge ora la corte di re Carlo in Francia.

104
Senza smontare da cavallo, senza chinare la testa,
e senza fare nessun altro segno di riverenza,
mostra tutto il suo disprezzo verso l’importante ruolo
di re Carlo e verso tutte le altre persone presenti.
Tutti rimangono stupiti e senza parole,
per il fatto che costui si prenda una tale libertà.
Smettono di mangiare e rimangono in silenzio
per ascoltare quello che il cavaliere vuole dire.

105
dopo essersi messo di fronte a re Carlo ed a
Ruggiero, ad alta voce e con un forte grido:
– Io sono (disse) Rodomonte, il re di Sarza,
e tu, Ruggiero, sfido ora in duello;
e proprio qui voglio, prima che il sole tramonti,
mostrare la tua infedeltà verso il tuo re Agramante;
che non meriti, essendo tu un traditore,
nessun onore tra tutti questi cavalieri.

106
Benché il tuo tradimento sia più che evidente,
visto che non puoi negare di essere ora un cristiano;
comunque, per renderlo ancora più chiaro a tutti,
vengo qui per provarlo su questo campo di battaglia:
e se c’è qui una persona che si vuole offrire
di combattere al tuo posto, la accetto volentieri.
Se non ne basta una, ne accetto anche quattro o sei;
mostrerò a tutti con le armi quello che ho detto. –

107
Ruggiero si alzò in piedi sentendo quelle parole,
e con il permesso di re Carlo gli rispose dicendogli
che mentiva lui e anche chiunque altro
volesse chiamarlo traditore; che sempre
si era comportato con re Agramante in un modo tale
che nessuno poteva aver ragione di accusarlo;
e che era quindi pronto a sostenere con le armi
che verso di lui aveva sempre fatto il suo dovere:

108
e che era quindi capace di difendere le sue ragioni,
senza dover prendere nessun in suo aiuto;
e che sperava quindi di mostrargli con i fatti, che
ne avrebbe avuto abbastanza di uno, e che forse era
anche troppo. Si erano fatti avanti Rinaldo e Orlando,
anche Oliviero ed i figli Grifone il bianco e Aquilante
il nero, Dudone e Marfisa, tutti contro il crudele
pagano, pronti a prendere le difese di Ruggiero:

109
sostenendo che essendo Ruggiero un novello sposo,
non poteva rovinare le sue stesse nozze.
Ruggiero rispose loro: – State tutti fermi;
perché queste scuse mi darebbero solo disonore. –
Gli furono portate le armi che aveva tolto a
Mandricardo, e fu messa fine a tutte le lunghaggini.
Orlando strinse gli speroni a Ruggiero,
e re Carlo gli legò al fianco la spada.

110
Bradamante e Marfisa gli avevano fatto indossare
la corazza, e tutto il resto dell’armamento.
Astolfo teneva fermo un destriero di buona razza,
Dudone, figlio del Danese, ne teneva le staffe.
Fecero subito sgomberare il campo tutto intorno
Rinaldo, Namo ed il marchese Oliviero: cacciano
in fretta ognuno fuori dallo steccato, sempre
pronto per tale necessità, per ospitare un duello.

111
Le donne e le ragazze, pallide in volto,
stanno tutte timorose come fossero colombe, che
dai campi ricchi di grano vengono cacciate ai loro nidi
da venti rabbiosi che agitandosi si portano dietro
tuoni e lampi, ed il cielo scuro minaccia grandine
e pioggia, danni e distruzione per i campi:
sono timorose per la sorte di Ruggiero, che sembra
essere inferiore per forza a quel crudele pagano.

112
Appariva più debole anche a tutta la plebe
ed alla maggior parte dei cavalieri e dei baroni;
perché era ancora vivo nella loro memoria il ricordo
di tutto quello che il pagano aveva compiuto a Parigi;
che, da solo, con il ferro e con il fuoco ne aveva
distrutta una buona parte, e c’erano ancora e ci
sarebbero stati per molti giorni i segni: quel regno
non aveva subito maggiore danno da nessun altro.

113
A Bradamante il cuore tremava, più che
a tutti gli altri; non che pensasse che il cavaliere
pagano per forza, e per coraggio, il valore che
viene dal cuore, potesse essere superiore a Ruggiero;
né che Rodomonte avesse ragione, che spesso dà
la vittoria a chi la possiede:
nonostante ciò non può evitare di avere paura; perché,
essendo innamorata, ha giusto motivo ti temere.

114
Quanto volentieri si sarebbe presa carico
di quella battaglia dall’esito incerto,
anche se di rimanere morta, di essere sconfitta,
potesse essere più che certa!
Avrebbe scelto volentieri di essere uccisa più volte,
se può essere possibile soffrire per più di una morte,
piuttosto che soffrire per il suo consorte
che si trovava in pericolo di morte.

115
Ma non sa trovare nessuna preghiera che riesca
a convincere Ruggiero a lasciare a lei l’impresa.
Si mette quindi infine a guardare il duello
con viso tristo e con cuore tremante. Da una parte
si lancia Ruggiero e dall’altra il pagano,
e vengono a scontrarsi con le lance abbassate. Le
lance nello scontrarsi sembrarono essere di ghiaccio;
i frammenti volarono in cielo come fossero uccelli.

116
La lancia del pagano, che andò a colpire il centro
dello scudo dell’avversario, ebbe uno scarso effetto:
tanto era perfetto l’acciaio, che per il famoso
Ettore era stato temprato dal dio Vulcano.
Ruggiero andò a piazzare la sua lancia allo stesso
modo nello scudo di Rodomonte, e lo trapasso di netto;
benché fosse spesso quasi un palmo,
dentro e fuori di acciaio, e dentro in osso.

117
E non fosse stato per la lancia che non fu in grado
di sostenere il duro scontro, e si spezzò al primo
assalto, e ridotta in schegge ed in frammenti sembrò
avere le ali tanto volò in alto nell’aria; avrebbe
aperto l’armatura (tanto fu la violenza con cui colpì)
anche se questa fosse stata rivestita di diamante,
ed avrebbe fatto finire la battaglia; ma si frantumò:
entrambi i cavalli caddero a terra sul fianco.

118
I due cavalieri, con la briglia e gli speroni,
fecero ritornare in piedi i loro cavalli; e subito
dopo aver buttato le lance impugnarono le spade,
e tornarono a fronteggiarsi con crudeltà e ferocia:
facendo girare intorno di qua e di là con maestria
i loro coraggiosi cavalli, agili e leggeri,
incominciarono con le loro appuntite spade a tentare
di colpire dove la corazza riusciva a proteggere meno.

119
Rodomonte non aveva la pelle del drago,
che fu tanto dura, a proteggergli il petto,
e neanche la spada tagliente di Nembrot,
e non aveva nemmeno in fronte il suo solito elmo;
perché le armi che di solito portava, quando venne
sconfitto da Bradamante nel duello sul ponte,
le aveva poi lasciate appese sul sepolcro,
come mi sembra di avervi già raccontato.

120
Indossava adesso un’altra armatura molto buona, ma
assolutamente non perfetta come lo era la precedente:
ma né questa né quella e nemmeno una ancora più dura,
sarebbe riuscita a resistere ai colpi di Balisarda;
contro la quale nulla possono incantesimi o magie,
né un buonissimo acciaio né una tempra perfetta.
Ruggiero lo attacca da una parte e dall’altra così
bene da riuscire a forargli in più punti l’armatura.

121
Quando vide che in più punti la sua armatura
era rosso sangue, e si accorse di non riuscire
a schivare la maggior parte di quei colpi
evitando che andassero a ferirgli la carne;
si agitò con una rabbia maggiore e una furia
superiore a quella del mare in tempesta d’inverno:
getta lo scudo, e con tutta la sua forza,
a due mani, colpisce l’elmo di Ruggiero con la spada.

122
Con quella forza estrema con cui colpisce quella
macchina (battipalo) posta su due navi sul fiume Po,
che alzata in cielo da uomini ed ingranaggi
viene poi lasciata cadere su travi appuntite;
allo stesso modo il pagano colpisce Ruggiero con tutta
la forza che ha, con entrambe le mani, più pesanti
di qualunque altra cosa: lo aiuta l’elmo incantato;
perché senza, avrebbe diviso in due cavaliere e cavallo.

123
Per il colpo, Ruggiero piegò due volte la testa,
e fu sul punto di cadere a braccia e gambe aperte.
Il saracino porta un secondo violento colpo così che
l’avversario non abbia il tempo per riprendere i sensi:
poi ne tenta anche un terzo, ma la spada non riuscì
a resistere ad un così lungo, forte martellamento;
volò in mille pezzi, ed al crudele pagano
lasciò infine la mano disarmata.

124
Rodomonte non ferma però per questo il suo assalto,
ma si avventa su Ruggiero che, stordito, non sente
niente; tanto è intontita la sua tesa,
tanto è offuscata la sua mente.
Ma il saracino riesce molto bene a farlo risvegliare:
gli cinge il collo con il suo potente braccio;
e lo afferra con un presa ed una forza tale,
che lo toglie di sella e lo sbatte a terra.

125
Non rimase molto a terra che subito si rialzò,
molto più colmo di vergogna che d’ira;
avendo rivolto il suo sguardo verso Bradamante ed
avendo visto che il suo bel viso sereno era sconvolto.
Lei, vedendolo cadere a terra, iniziò a dubitare
dell’esito del duello, e fu sul punto di morire.
Ruggiero per porre subito rimedio all’umiliazione,
stringe la spada e riprende il duello con il pagano.

126
L’altro sprona il cavallo contro di lui, ma
Ruggiero riesce ad evitarlo con astuzia, si tira
indietro e mentre gli passa vicino, afferra il freno
del cavallo con la mano sinistra e lo fa girare
intorno; intanto con la mano destra punta a ferire
il fianco, il ventre ed il petto del cavaliere;
con due colpi di punta gli fece provare dolore,
uno nel fianco e l’altro nella coscia.

127
Rodomonte, che teneva ancora in mano
il pomo e l’elsa della spada rotta, picchia
Ruggiero sull’elmo con una forza tale che sarebbe
bastato un’altro colpo per lasciarlo ancora stordito.
Ma Ruggiero che, secondo giustizia, doveva essere il
vincitore, gli afferrò il braccio e lo tirò tanto,
aggiungendo alla destra anche la mano sinistra,
che alla fine riuscì a disarcionare il pagano.

128
La forza e l’abilità del pagano gli permisero di
cadere ma di rimanere comunque alla pari con Ruggiero:
e voglio con questo dire che cadde in piedi; perché
per il fatto di avere la spada era da ritenere in
vantaggio. Ruggiero cerca di tenere il pagano a bada
lontano da sé, ed evita assolutamente di avvicinarlo:
non gli conviene che gli si scaraventi addosso
un uomo con un corpo così grande e grosso.

129
Vede tuttavia che sanguina dal fianco,
dalla coscia e da tutte le altre ferite.
Spera che a poco a poco gli vengano meno le forze,
e che infine gli dia quindi vinto il duello.
Il pagano aveva ancora in mano il pomo e l’elsa,
ed unendo tutte le sue forze, lo lanciò lontano
e colpì Ruggiero con una tale violenza da lasciarlo
stordito più di quanto fosse mai stato prima.

130
Ruggiero viene colpito dove l’elmo protegge la guancia,
e a una spalla, e risente talmente di quel duro colpo,
che vacilla tutto e traballa, è sul punto di cadere
e fa fatica a tenersi dritto in piedi.
Il pagano vuole farsi sotto, ma l’appoggio del piede
gli viene meno, essendo indebolito dalla coscia ferita:
il volere fare in fretta più di quanto poteva
permettersi lo fa piegare a terra su un ginocchio.

131
Ruggiero non perde tempo, e con un grande slancio
lo colpisce al petto ed al volto;
lo martella di colpi dall’alto, così da vicino,
che gli fa mettere anche una mano a terra. Ma tanto si
sforza il pagano, che riesci infine a rimettersi in
piedi; si stringe tanto a Ruggiero fino ad abbracciarlo:
si girano l’un l’altro, si scuotono e si stringono,
unendo alla tecnica le ultime forze residue.

132
Di tutta la forza di Rodomonte, una gran parte
era stata tolta dalle ferite al fianco ed alla coscia.
Ruggiero era agile, aveva una gran tecnica,
era aveva un gran allenamento nella lotta:
sente di essere in vantaggio, e non vuole perderlo;
e dove vede che il sangue esce in maggior quantità,
là dove vede che il pagano ha subito più ferite, pone
le sue braccia ed il petto, ed entrambi i piedi.

133
Rodomonte pieno d’ira ed indispettito dalla situazione,
prende Ruggiero per il collo e per le spalle:
ora la tira, poi lo spinge, poi lo tiene sollevato
da terra sopra il proprio petto, lo fa ruotare
da una parte e dall’altra, e lo tiene stretto,
e cerca in tutti i modi di farlo cadere a terra.
Ruggiero sta tutto raccolto in sé, ed agisce
con ingegno e capacità per avere la meglio.

134
Tante furono le prese provate dal valoroso e coraggioso
Ruggiero, che alla fine riuscì ad avvinghiare Rodomonte:
gli premette il petto con il suo fianco sinistro,
e quindi lo strinse con tutta la sua forza.
Contemporaneamente spinse la sua gamba destra davanti
al ginocchio sinistro dell’avversario e fece leva:
lo sollevò da terra verso l’alto
per farlo ricadere infine a terra a testa in giù.

135
La testa e la schiena di Rodomonte lasciarono
un segno nella terra; e tanto forte fu l’imbatto
che dalle sue ferite, come fossero un fonte, schizzò
lontano il sangue a tingere la terra di rosso.
Ruggiero, che aveva oramai afferrato la Fortuna per
i capelli, per fare in modo che il saracino non possa
rialzarsi, gli tiene un pugnale davanti agli occhi,
l’altra mano alla gola, e le ginocchia nel ventre.

136
Come accade talvolta, ove si recupera l’oro
là in Ungheria o nelle miniere spagnole,
quando una improvvisa frana cade su coloro che sono
stati condotti là spinti da avidità di ricchezza,
che restano talmente schiacciati, che la loro anima
riesce a fatica a trovare la via d’uscita:
allo stesso modo rimase il saracino schiacciato dal
vincitore, subito dopo essere stato gettato a terra.

137
Alla visiera dell’elmo gli avvicina
la punta del pugnale che aveva appena estratto:
e, minacciandolo, tenta di convincerlo ad arrendersi,
e propone un patto per lasciargli salva la vita.
Ma quello, che ha meno paura di morire
che di commettere un piccolo atto di codardia,
si contorce e si agita, cerca con tutte le forze
di ribaltare la situazione, e non dice parola.

138
Come fa il mastino quanto è vinto dal feroce alano
che gli tiene fissi i denti nella gola, che si
affatica e si dibatte inutilmente di continuo,
con gli occhi rossi dalla rabbia e la bava alla bocca,
ma non può fare in modo di sfuggire al suo predatore,
che lo supera per forza e non per rabbia:
allo stesso modo risulta vano ogni tentativo
del pagano di uscire da sotto al vincitore Ruggiero.

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Continua a torcersi ed a dibattersi fino a che
riesce a liberare il suo braccio migliore; e con
la mano destra, con la quale stringe un pugnale,
che era riuscito ad estrarre durante la colluttazione,
tenta di ferire Ruggiero sotto ai reni:
ma il giovane si accorso subito dell’errore
che avrebbe potuto commettere ritardando
ulteriormente l’uccisione del crudele saracino.

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E per due e tre volte nell’orribile fronte
di Rodomonte, alzando il suo braccio più in alto
che poteva, cacciò per intero il suo pugnale,
e si tolse così da quella situazione di pericolo.
Fino alle squallide rive del fiume Acheronte,
libera da un corpo più freddo del ghiaccio,
fuggì bestemmiando l’anima sprezzante di Rodomonte,
che fu in vita tanto superbo e tanto orgoglioso.

FINIS.
PRO BONO MALUM.