Estate o inverno non fa nessuna differenza per Maria Luce. È sempre lì, seduta fuori dal basso, sotto la piccola tettoia in plexiglass. I suoi occhi neri vagabondano nel vicolo, alla ricerca di una scintilla, una briciola di ragione per ritornare nella tribù dei normali. Riccioli corvini incorniciano un viso candido, di un biancore altero che solo la città matrigna sa partorire. Il calendario segna otto anni, ma da cinque la bambina ha smesso di crescere e di parlare. Le mani non sono più capaci di afferrare un giocattolo o una posata. E i pensieri non cullano sogni o desideri…
Parafrasi COMPLETA del canto 46 (XLVI) del poema Orlando Furioso
Parafrasi del Canto 43 (XLVI) del poema Orlando Furioso – Leone rinuncia a Bradamante e convince Ruggiero a abbandonare l’idea di lasciarsi morire. Tornano quindi insieme a Parigi per svelare l’identità misteriosa del cavaliere che ha vinto in duello la mano della donna. Re Carlo organizza in grande stile il matrimonio tra Ruggiero e Bradamante, ma durante la…
E LA MENTE VA di Andrea Vanni
Docente di italiano al Liceo Scientifico di Cagliari, il prof. Pino Sanna, non più giovane , corporatura minuta, vestito doppiopetto elegante, camicia bianca e cravatta, sembra una figura uscita da altri tempi. Conversando con me “Andrea” mi ha detto “io sono professore d’italiano e tu sapessi com’è difficile oggi esserlo fra ragazzi di quindici anni a cui non interessa nulla né dell’italiano, né della scuola in genere. Va a far capir loro che Dante è il più geniale scrittore di tutti i tempi, che la Divina Commedia il più grande trattato filosofico mai scritto! Non è più possibile insegnare!”…
UMANI? di Alessandro Dalla Lana
MUTAZIONE di Tomas Horne
Quello che sto per raccontare è la situazione più strana che abbia mai vissuto in tutta la vita.
Ho usato apposta l’aggettivo “strana” perché non saprei come altro definirla: non capisco esattamente cosa sia accaduto, non so perché successo e soprattutto, ancora adesso, non sono certa di niente riguardo a quella sera…
UNA MATTINA di Mario Menditto
Fa sempre uno strano effetto svegliarsi la mattina presto.
Presto nel senso di prima.
Prima dell’orario che si fissa sulla sveglia.
Si fissa un orario la sera, prima di mettersi a letto, con l’idea che quello sia l’orario giusto da cui partire, dal quale iniziare la giornata, per avere il tempo di fare tutte quelle cose che già sai di dover fare il giorno seguente…
LA ROBA di Giovanni Verga
Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso là come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte, e i sugheri grigi di Resecone, e i pascoli deserti di Passaneto e di Passanitello, se domandava, per ingannare la noia della lunga strada polverosa, sotto il cielo fosco dal caldo, nell’ora in cui i campanelli della lettiga suonano tristamente nell’immensa campagna, e i muli lasciano ciondolare il capo e la coda, e il lettighiere canta la sua canzone malinconica per non lasciarsi vincere dal sonno della malaria: – Qui di chi è? – sentiva rispondersi: – Di Mazzarò -…
LA LUPA di Giovanni Verga
Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna – e pure non era più giovane – era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano.
Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai – di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero stati davanti all’altare di Santa Agrippina…
I RICORDI DEL CAPITANO D’ARCE di Giovanni Verga
D’Arce, cullato dal rullìo del bastimento, aveva posato il bicchierino sulla tavola, affissando l’orizzonte mobile attraverso il cristallo del finestrino, quasi vedesse ancora ciò che stava narrando.
No, neanche la punta di un dito. Adesso è storia vecchia… e anche triste!… Non ci siamo neppur detto di amarci… quello che si chiama amare… Mi piaceva assai, ecco. Andavo da per tutto dove sapevo d’incontrarla, alla Villa, al Sannazzaro, al concerto serale dello Châlet…
IL MIO OZIO di Italo Svevo
Già il presente non si può andar a cercare né sul calendario né sull’orologio che si guardano solo per stabilire la propria relazione al passato o per avviarci con una parvenza di coscienza al futuro. Io le cose e le persone che mi circondano siamo il vero presente.
Il mio presente si compone di varii tempi anch’esso: Ecco un primo lunghissimo presente: l’abbandono degli affari. Dura da otto anni. Un’inerzia commovente. Poi ci sono avvenimenti importantissimi che lo frazionano. Il matrimonio di mia figlia per esempio, un avvenimento ben passato che s’inserisce nell’altro lungo presente, interrotto – o forse rinnovato o, meglio, corretto – dalla morte del marito…