Titolo: L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome
Autore: Alice Basso
Genere: Romanzo
Pagine: 280
Editore: Garzanti
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In breve:
“Si accomodi, dottore.” Enrico appoggia il tubo di latta sulla scrivania, facendogli posto fra due pile di tascabili. “Allora, è contento?”
“Per l’intervista? Ma sì, che dire”, e allarga le braccia come i preti quando invitano i fedeli ala sopportazione. “Ce la facciao andare bene”.
Enrico si lascia sfuggire una di quelle risatine che fa quando non ha affatto voglia di ridere. “Suvvia! Le procuriamo un’intervista a Che tempi il sabato sera e non è entusiasta? Dovrebbe fare i salti di gioia.”
“Per carità”, si affretta a rettificare Mantegna. “Lo so che è una bellissima cosa. Solo che, bè, io sono uomo di cultura, di accademia, di laboratorio. Queste frivolezze, la TV… non rientrano tanto nelle mie corde, capisce.”
Ma certo. Infatti è tipico di un neurochirurgo che non ama frivolezze come la celebrità televisiva decidere di scrivere – no, meglio: di farsi scrivere – un libro di divulgazione intitolato Fatti non foste a viver come bruti. Il meglio dell’essere umano spiegato attraverso la biologia, in cui il grande luminare, che non si spreca ad aggiungere nulla di originale ma si limita a cucire insieme studi altrui, promette di dimostrare perchè empatia, generosità, cooperazione eccetera siano impulsi biologici rintracciabili in specifiche funzioni dell’apparato neuronale. Un bel tema, in effetti. E, soprattutto, molto di moda.
… “D’altra parte, il livello culturale di Che tempi non è nemmeno così basso come quello di tanti altri talk show, quindi non è che possa lamentarmi.”
“Strano, invece sembra che possa benissimo”, dico io, e a questo punto succede una cosa strana: Mantegna, che fino a ora non s’è minimamente accorto della mia presenza, fa una specie di salto sul posto senza staccare il coccige dalla sedia, come uno di quei pupazzi snodati ce si allungano premendo un pulsane sul piedistallo. Si gira di colpo nella direzione da cui è venuta la mia voce, cioè l’angolo della stanza fra la porta e la libreria. Lì c’è una poltroncina di velluto verde, e dentro la poltroncina di velluto verde, con un vecchio libro puzzolente a caso fra le mani, ci sono io.
“Oh! Non l’avevo vista!” esclama monsieur de La Palisse. “Da quanto tempo è lì?”
Enrico trattiene un sospiro. So che è da quando è stato fissato questo incontro che ha temuto questo momento. Ha paura che io lo metta in imbarazzo, e non riesco a dargli torto.” Dottor Mantegna, ho il piacere di presentarle la nostra Vani, ehm, dottoressa Silvana Sarca.”
Mantegna esita un istante. Anche lui, ora, è preda di un evidente dilemma. Non sa se alzarsi e venimi incontro a stringermi la mano (due buone ragioni: 1, sono una signora e sarebbe educazione; 2, sono la persona che ha scritto il libro che poi lui ha firmato e grazie al quale la sua carriera s’è impennata) o se rimanere seduto attendendo che mi alzi io (una buona ragione: lui è la star, e io una semplice dipendente della casa editrice, anzi, una di quelle meno popolari, di cui nessuno ama parlare).
Alla fine decide di rimanere seduto.
Anch’io.
“Così lei è la famosa signorina Sarca a cui io devo tutto” commenta il luminare con tono eccessivamente scherzoso. Registro “signorina” al posto di “dottoressa”. Potrei offendermi, se solo me ne fregasse qualcosa.
Il libro:
Silvana Sarca è una donna di trentaquattro anni dall’aspetto molto giovanile, forse troppo: ne dimostra almeno 10 di meno e nel lavoro questo a volte può essere una gran seccatura perché non si viene considerati seriamente. Fortunatamente Silvana, detta Vani, non ha però in genere bisogno di intrattenere relazioni umane per svolgere bene il proprio particolare mestiere ed anche il suo capo, Enrico, conoscendo bene l’astio verso il mondo, la predisposizione alla battuta pungente e il cinismo caratteristico della sua dipendente, ben volentieri le evita d’incontrare i clienti per i quali lavora. La sua attività consiste nello scrivere al posto loro libri, risposte ad interviste, articoli di giornali, trattati e chi più ne ha più ne metta!
Vani è quindi una ghostwriter, al servizio della casa editrice Edizioni L’Edera, ed è davvero brava perché grazie alla sua empatia, alla sua capacità di immedesimarsi nei panni altrui e coglierne l’essenza, riesce ad essere un perfetto camaleonte e produrre libri con lo stesso stile che avrebbero adottato i vari scrittori se fossero stati loro in prima persona a farlo. Ma loro perché loro non lo fanno? Mancanza di tempo, d’ispirazione…
Vani è una solitaria ed è questa la sua normalità. Per colpa del suo caratteraccio e forse anche della sua fine intelligenza e cultura non ha un buonissimo rapporto nemmeno con la sua famiglia. Con sua sorella in particolare la situazione è disperata, lei è il suo opposto in tutto e per tutto: solare, allegra e socievole. Anche nei colori dei vestiti sono agli opposti… facile visto che Vani veste solo di nero ed il suo colore preferito è il viola.
Ma questa “normalità” è destinata ad esser scombussolata quando il suo capo è obbligato a presentarle Riccardo Randi, un famoso scrittore in crisi d’ispirazione che ha però un contratto che lo obbliga a presentare a breve un nuovo libro. I due si capiscono al volo, uno termina le frasi dell’altro. Non era mai capitato a Vani d’incontrare un uomo che sapesse tenerle testa, avesse senso dell’umorismo e talento in linea con i suoi gusti. La nostra scrittrice però è una disillusa e sa di non doversi lasciare andare a facili entusiasmi… ed ha purtroppo ragione. Dopo che il libro è stato pubblicato e si è rivelato un enorme successo, confermando la fama di Riccardo, quest’ultimo non si fa più vivo. Non la ringrazia nemmeno per l’ottimo lavoro svolto.
Ma la protagonista è una donna molto pratica che non si autocommisera: non si fa abbattere dall’accaduto e si dedica subito al nuovo lavoro affidatole. Deve ora scrivere un libro per Bianca Dell’Arte Cantavilla, una donna che dice essere portatrice dei messaggi degli angeli. I suoi libri sono pieni di amore, tolleranza, esercizi pratici per rilassarsi… mondo che non può essere più lontano da Vani. Purtroppo, oltre alla difficoltà dell’argomento da trattare, capita anche un grave imprevisto: la scrittrice viene rapita.
Vani viene interrogata come persona informata dei fatti da Berganza, un commissario che ha tutta l’aria dello stereotipo dei detective da fumetto: cappello, impermeabile, voce profonda, fumatore e grande fiuto.
La ghostwriter ovviamente è ritenuta subito innocente ed anzi il poliziotto in più di un’occasione chiederà la sua collaborazione per risolvere questo caso: le sue grandi doti di osservatrice, d’immedesimazione e il suo acuto intuito possono essere molto utili alle indagini.
Vani si troverà così a collaborare con la polizia cercando comunque di portare avanti il libro di Bianca e, come se non bastasse, ritroverà anche sulla sua strada Riccardo Randi.
Questa volta l’uomo sembra molto interessato a dimostrarle tutta la sua gratitudine.
Lo scrittore inizia a corteggiarla senza trovare molta resistenza da parte sua. D’altronde sembra perfetto per lei e non sbaglia mai una mossa.. ma è davvero animato dall’amore o c’è dietro qualche secondo fine molto meno nobile? La protagonista saprà fare la scelta migliore o il suo intuito si dimostra infallibile solo se non si parla della sua vita?
E infine, la sua collaborazione con il commissario Berganza porterà a risolvere il caso della scomparsa di Bianca?
Libro di debutto di Alice Basso, L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome è un romanzo brillante con una trama davvero variegata e sorprendente. Il suo stile semplice e leggero colpisce l’attenzione. È divertente e intrigante, un puzzle (come la stessa autrice lo definisce) molto ben strutturato.
Un libro sicuramente ben riuscito che si fa leggere tutto d’un fiato! In coda troviamo anche una breve intervista con l’autrice e siamo contenti di sapere che ci sarà un seguito: ci ha conquistato… e non quindi vediamo l’ora di poter leggere i prossimi capitoli.
Assolutamente consigliato!