Don Abbondio, ricevuta notizia dell’arrivo dei Lanzichenecchi e delle conseguenze del loro passaggio, è spaventatissimo. Il religioso è risoluto a scappare prima di tutti, ma non sa dove ed ogni possibile soluzione è per lui piena di ostacoli e pericoli: sui monti non c’è luogo che sia irraggiungibile dai soldati, il lago può essere attraversato solo su barconi stracarichi di gente e quindi pericolanti, il territorio bergamasco è protetto da altri soldati, i cappelletti. Totalmente sopraffatto dal panico, l’uomo segue per casa Perpetua cercando consiglio, ma la donna, preoccupata anch’essa, è troppo impegnata a mettere in salvo gli averi, nascondendoli per la casa o per l’orto, e quindi lo evita; si affaccia anche alla finestra per chiedere piagnucolando aiuto alla gente in fuga, ma tutti sono concentrati sui propri problemi personali e nessun gli presta attenzione.
Agnese nel frattempo, decisa anch’essa a lasciare subito il paese, ma non di seguire l’altra gente, temendo che il denaro che ancora le rimaneva dalla donazione dell’Innominato potesse darle problemi, decide di trovare rifugio nel castello del tiranno pentito, e per fare ciò è intenzionata a prendere Don Abbondio come guida. La donna si reca alla casa del curato, la sua proposta viene subito accettata da Perpetua, ed i tre, nonostante i dubbi del religioso, che stenta ancora a fidarsi della conversione dell’uomo, si mettono subito in viaggio. L’ultimo saluto di don Abbondio alla sua chiesa esprime tutto il suo egoismo “al popolo tocca a custodirla, che serve a loro“.
Durante tutto il viaggio il religioso brontola per i guai che deve passare per colpa d’altri, Agnese invece si rammarica per aver perduto la possibilità di rivedere presto Lucia. Giunti nel paese del sarto, i tre personaggio si fermano a pranzare nella casa dell’uomo, che dice loro di non temere i Lanzichenecchi, non essendo il suo paese sul loro percorso, ed anticipa loro che nella fortezza dell’Innominato troveranno tanta compagnia, avendo deciso in molti di rifugiarsi in quel luogo. Don Abbondio approfitta della conversazione per accertarsi della conversione del tiranno pentito. Il sarto fa chiamare infine una baroccio ed i tre riprendono il loro viaggio.
Dal giorno dell’incontro con il cardinale Federigo Borromeo, la vita dell’Innominato ha effettivamente subito un cambiamento netto e l’uomo ha iniziato ad occuparsi solo di opere di bene. L’uomo ha mantenuto tutta la sua sicurezza ed il suo orgoglio, ed alle altre persone, adesso che gira per le strade senza armi, dà ancora più l’idea di non curarsi di alcun pericolo. Ha per questo il rispetto, la venerazione e l’ammirazione di tutti. Viene considerato un santo e questa sua nuova condizione gli garantisce la salvaguardia da ogni forma di vendetta, sia da parte della forza pubblica che da parte di nemici o gente da lui offesa: Così quell’uomo sul quale, se fosse caduto, sarebbero corsi a gara grandi e piccoli a calpestarlo; messosi volontariamente a terra, veniva risparmiato da tutti, e inchinato da molti.. I bravi che hanno pienamente abbracciato il suo nuovo stile di vita o sono tornati al loro antico mestiere o sono rimasti al castello come fedeli servitori; tutti gli altri se ne sono invece andati via.
Al calare dei Lanzichenecchi, l’Innominato, ricevute le prime richieste di protezione e provando gioia nel vedere che il suo castello veniva scelto per quello scopo da coloro che prima lo temevano, fa spargere la voce della sua disponibilità ad accogliere gente. Nel castello vengono così preparati letti e immagazzinate vivande per ospitare il maggior numero possibile di persone. I suoi servitori vengono ora armati con il solo scopo di difendere gli ospiti contro possibili attacchi portati da Lanzichenecchi o cappelletti.
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