Titolo: Uno, nessuno e centomila
Autore: Luigi Pirandello
In breve:
– Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi in solitamente indugiare davanti allo specchio.
– Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.
Mia moglie sorrise e disse: – Credevo ti guardassi da che parte ti pende.
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: – Mi pende? A me? Il naso?
E mia moglie, placidamente:
– Ma sí, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra.
Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non han no avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzí come un immeritato castigo.
Vide forse mia moglie molto piú addentro di me in quella mia stizza e aggiunse subito che, se riposavo nel la certezza d’essere in tutto senza mende, me ne levassi pure, perché, come il naso mi pendeva verso destra, cosí…
La filosofia pirandelliana portata alle estreme conseguenze. Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo di Luigi Pirandello che porta alle estreme conseguenze le riflessioni sulla frammentarietà dell’identità, la gabbia della forma e la “follia” del personaggio. Frutto di una lunga gestazione, il romanzo fu pubblicato nel 1926 e racconta le vicende, o sarebbe più corretto dire i ragionamenti, di Vitangelo Moscarda. Come per Il fu Mattia Pascal, la narrazione si svolge in prima persona per bocca del protagonista che rievoca i fatti vissuti.
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