Parafrasi canto 29 (XXIX) del Purgatorio di Dante

Parafrasi del Canto XXIX del Purgatorio – Seguendo Matelda lungo il fiume Lete, Dante assiste al passaggio di una lenta processione aperta da sette candelabri. L’elemento centrale del corteo è un carro trionfale guidato da un grifone.

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Cantando come può fare solo una donna innamorata,
aggiunse al termine delle sue parole il salmo:
“Beati coloro i cui peccati sono stati coperti dal perdono!”

E come le ninfe che si aggiravano solitarie
all’ombra delle foreste, desiderando
alcune di vedere, altre di evitare invece il sole,

Matelda si rimise allora in cammino in direzione contraria al corso del fiume,
proseguendo lungo la riva; ed io camminavo al suo fianco,
con il mio più piccolo passo, riuscendo solo a seguirla.

Non avevamo ancora fatto cento passi complessivi, contando i suoi ed i miei,
quando entrambre le rive fecero, in misura uguale, una brusca curva,
tanto che alla fine mi ritrovai rivolto verso Est.

Né proseguimmo il nostro cammino ancora di molto,
quando la donna di girò completamente per rivolgersi verso di me,
dicendo: “Fratello mio, osserva ed ascolta bene”.

Ed ecco all’improvviso un bagliore attraversare
ogni luogo, ogni parte di quella foresta,
tanto veloce e lucente da farmi nascere il dubbio che fosse un lampo.

Ma siccome il lampo, non appena appare, scompare anche tanto velocemente,
mentre il bagliore che vidi, rimanendo visibile, diventava anche
sempre più lucente, pensai tra me: “Che cosa è questa luce?”

Una dolce melodia correva intanto
attraverso quell’aria luminosa; tanto che un giusto scrupolo
mi fece rimproverare il comportamento sconsiderato di Eva,

che nel luogo dove terra e cielo entrano in armonia tra loro
donna, sola ed appena creata, appena venuta al mondo,
non sopportò di stare sotto un velo, il velo che ne limitava la conoscenza;

se fosse stata sotto quel velo, con devozione al suo creatore,
allora io, quelle indescrivibili delizie,
le avrei potute assaporare molto prima e molto più a lungo.

Mentre proseguivo il mio cammino attraverso tutte quelle anticipazioni
dell’eterna beatitudine, completamente assordo in esse,
e desideroso di provare gioie ancora più grandi,

davanti a noi, simile ad un fuoco acceso
divenne l’aria sotto a quei verdi rami; e la dolce melodia di prima
iniziò a diventare distinguibile come un insieme di canti.

O Muse, Vergini sante, se fame,
freddo o notti insonni ho mai sopportato per voi,
ho un buon motivo che mi spinge a chiedervi ora un aiuto.

Conviene adesso che Elicona versi le acque delle sue fonti,
e Urania mi aiuti con il coro delle altra Muse
e mettere in versi argomenti difficili da capire.

Poco oltre, ci apparvero delle figure simili a sette alberi d’oro,
pur non essendolo, a causa della grande distanza
del tragitto che si trovava ancora tra di noi e loro;

ma non appena fui arrivato tanto vicino a loro,
che l’oggetto reale, che poteva ingannare i sensi dell’uomo,
non lasciava sfuggire nessun suo particolare a causa della distanza,

la capacità percettiva, la virtù che fornisce alla ragione materia di giudizio,
comprese alla fine che non si trattava di alberi ma bensì di candelabri,
e riuscì anche ad identificare che Osanna era ciò che cantavano le voci.

Ogni candelabro diffondeva in alto, con le sue fiammelle,
una luce molto più chiara di quella diffusa dalla luna in un cielo sereno
quando a mezzanotte e quando è piena.

Io mi rivolsi, pieno di stupore,
verso il buon Virgilio, ed egli, in tutta risposta,
rivolse verso di me uno sguardo non meno carico di stupore.

Ritornai quindi con gli occhi alle altre cose
che si muovevano verso di noi tanto lentamente,
che sarebbero state battute in una gara di velocità da delle neo spose.

Matelda a quel punto mi sgridò: “Perché ti limiti ad ardere
tanto dal desiderio di guardare l’effetto generato dalle luci,
e non guardi invece ciò che le segue?”

Vidi allora diverse persone che, come se fossero le loro guide,
seguivano i candelabri accesi, tutte vestite di bianco; ed una tale candore,
un bianco tanto puro, non fu mai visto di qua, nel mondo terreno.

L’acqua del fiume Lete risplendeva alla mia sinistra,
e mi mostrava l’immagine del mio fianco sinistro,
se la guardavo, come può fare uno specchio.

Quando raggiunsi, sulla riva dove mi trovavo, una postazione tale
che solo il fiume mi separava da quella processione,
per riuscire ad osservare meglio mi fermai, diedi una sosta ai miei piedi,

e vidi così che le fiammelle dei candelabri procedevano
lasciando l’aria colorata dietro di sé,
e sembravano delle bandiere, degli stendardi spiegati al vento;

così che sopra a quella processione rimanevano distinte nell’aria
sette striscie, tutte in quei colori (dell’arcobaleno)
con cui il sole dipinge il suo arco nel cielo e Diana la sua cintura.

Questi stendardi si allungavano dietro alla processione per una distanza
maggiore di quella che la mia vista poteva coprire; e, per quanto potevo vedere,
quelli esterni distavano tra loro dieci passi.

Sotto un cielo tanto bello come l’ho appena descritto,
ventiquattro anziani, in fila due a due,
venivano avanti con la testa coronata con fiori di giglio.

Tutti cantavano: “Tu sia benedetta
tra tutte le donne (tra tutte le figlie di Adamo), e benedetta
sia in eterno la tua bellezza!”

Dopo che i fiori e tutte le altre fresche erbette
presenti sull’altra sponda, di fronte a me,
furono libere dal passaggio di tutte quelle persone beate,

così come nel cielo ad un astro luminoso ne segue un altro,
alle persone seguirono quattro animali,
ognuno di loro coronato con un rame verde.

Ogni animale aveva sei ali;
le penne erano piene di occhi; e gli occhi del pastore Argo,
se fosse ancora in vita, sarebbero simili a quelli per perspicacia.

Alla descrizione delle forme di questi animali non dedico
altre rime, lettore; perché un altro impegno mi incalza
tanto che non posso prolungarmi troppo in questo racconto;

ma leggi Ezechiele, che li descrive nei dettagli
quando li vide giungere dal Nord, dalla parte fredda,
accompagnati dal vento, dalle nuvole e dal fuoco;

e come li troverai descritti nei suoi scritti, tali e quali
erano lì nel Paradiso terrestre, ad eccezione del dettaglio delle penne,
sulle quali Giovanni è d’accordo con me e non invece con Ezechiele.

Lo spazio delimitato da questi quattro animali conteneva
un carro, un carro su due ruote, un carro trionfale,
che avanzava trainato da un grifone.

Il grifone tendeva verso l’alto, verso il cielo, l’una e l’altra ala
tenendole tra la striscia luminosa centrale ed i due gruppi da tre laterali,
così che a nessuna, fendendo l’aria, poteva recare danno.

Si innalzavano in cielo tanto da non poter essere viste per intere;
il suo corpo era di colore oro nella parte a forma di uccello, e per
la restante parte, dove è simile ad un leone, di colore bianco misto a rosso.

Non fu solo Roma a non onorare di un carro tanto bello
Scipione l’Africano, e nemmeno Augusto,
ma persino quello del sole sembrerebbe più povero rispetto a quello;

carro del sole che, deviando dalla rotta, venne incenerito,
in ascolto ad una preghiera intonata dagli abitanti devoti della terra,
da Giove che in quell’occasione si mostrò misteriosamente giusto.

Tre donne intorno alla ruota destra del carro
venivano avanti danzando; una (Carità) di un colore rosso tanto acceso
che a fatica si sarebbe potuta distinguere se fosse stata dentro ad un fuoco;

l’altra (Speranza) era verde, come se la carne e le sue ossa
fossero state di smeraldo;
la terza (Fede) era di un bianco come fosse neve appena caduta

ora sembravano guidate nella danza dalla donna bianca,
ora invece dalla rossa; e dal canto di questa ultima
le altre prendevano il loro ritmo, rallentandolo o velocizzandolo.

Sul lato sinistro del carro facevano invece festa quattro altre donne,
con indosso un vestito color porpora, seguendo i movimenti
di una di loro (Prudenza) che aveva in fronte tre occhi.

Subito dietro al gruppo appena descritto
vidi passare due anziani con indosso abiti diversi,
ma simili tra loro nell’atteggiamento, dignitoso e solenne.

L’uno (un medico) appariva come uno dei seguaci
di quell’illustre Ippocrate che la natura
creò a tutto vantaggio degli esseri viventi che ha più cari, gli uomini;

l’altro mostrava invece un interesse contrario (non di curare ma di ferire)
portando con sé una spada lucida ed accuminata,
che mi fece provare paura pur essendo dalla parte opposta del fiume.

Vidi poi passare quattro anziani di aspetto umile;
e dietro a tutti, infine, un vecchio
che avanzava da solo, dormiente, ma con lo sguardo acuto.

E questi sette anziani similmente alla prima schiera di ventiquattro
erano vestiti, ma non avevano i gigli
intorno al capo a formare un cespuglietto,

ma avevano rose ed altri fiori di colore rosso;
chi li avesse visti da poco lontano avrebbe giurato
di vedere delle fiammelle ardere sopra ai loro occhi.

E quando il carro si trovò proprio di fronte a me,
si udì un tuono, e quelle persone elette
sembrarono non essere in grado di proseguire oltre,

tanto che si fermarono sul posto insieme ai candelabri.

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