Parafrasi canto 5 (V) del Purgatorio di Dante

Parafrasi del Canto V del Purgatorio – Durante la salita sono molte le anime che si accorgono che Dante è ancora in vita (i raggi del sole non lo attraversano) ed il poeta viene quindi circondato da spiriti che gli chiedono di essere ricordati tra i vivi con preghiere, così da poter accelerare il loro ingresso al Purgatorio. L’incontro con Iacopo del Cassero, Buonconte dei Montefeltro e la Pia.

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Mi ero ormai allontanato da quelle anime negligenti (che si
pentirono sul punto di morte), e stavo seguendo da vicino la
mia guida quando da dietro a me, puntandomi contro il dito,

uno spirito gridò: “Guardate, sembra che non risplendano i
raggi del sole alla sinistra di quello che cammina più in basso,
e sembra quindi che si muova come un uomo vivo!”

Al suono di queste parole rivolsi indietro lo sguardo,
e vidi che le anime mi guardavano fisso con stupore,
guardavano me e la luce che veniva interrotta dal mio corpo.

“Perché la tua mente si distrae tanto”,
disse il mio maestro Virgilio, “da farti rallentare il passo?
Che ti importa di ciò che viene bisbigliato dietro a te?

Continua a seguirmi e lascia parlare le altre persone:
devi comportarti come la torre immobile, che non inclina
mai la propria cima al soffiare dei venti;

poiché sempre l’uomo i cui pensieri crescono l’uno sopra l’altro,
finisce per allontanare da sé il suo fine ultimo, dato che
la forza del nuovo pensiero è tale da indebolire il precedente.”

Che cosa potevo rispondergli se non “Ti seguo”?
Lo dissi arrossendo alquanto,
cosa che a volte favorisce l’uomo nell’ottenere il perdono.

Nel frattempo, trasversalmente lungo il versante del monte,
vidi procedere delle anime un poco più in alto rispetto a noi,
cantando a versetti alternati ‘Miserere’.

Quando si accorsero che io non facevo
attraversare il mio corpo dai raggi del sole,
mutarono il loro canto in un grido di stupore lungo e roco;

due di loro, scelti come messaggeri,
ci corsero incontro e chiesero:
“Rendeteci per piacere nota la vostra condizione.”

Ed il mio maestro rispose: “Potete tornare
e riferire a chi vi hanno mandato da noi
che il corpo di questo uomo è di carne viva.

Se si sono fermati per aver visto la sua ombra, come
credo che sia, allora hanno ora una risposta soddisfacente:
gli rendano onore, può essere vantaggioso per loro.”

Non vidi mai stelle cadenti attraversare così velocemente
il cielo nelle prime ore della notte,
né, al calare del sole, saettare lampi tra le nuvole d’Agosto,

quanto lo furono quelle due anime nel tornare su;
e, raggiunto il loro gruppo, ritornarono verso di noi insieme a
tutti gli altri, come una folle che corre senza controllo.

“La folla di anime che si avvicina è molto numerosa,
e viene per pregarti”, mi disse Virgilio:
“continua però a salire, ed ascolta le loro parole camminando.”

“Oh anima che sali verso la beatitudine
con quello stesso corpo con cui sei nata in terra”,
gridavano venendoci incontro, “rallenta un poco il passo.

Guarda se riesci a riconoscere qualcuno di noi,
così da poterne portare notizia nel mondo dei vivi:
perché continui a camminare? Perché non ti fermi un poco?

Noi anime siamo state tutte strappate alla vita con la
violenza, e fino all’ultima ora siamo rimaste nel peccato;
in quell’ultimo istante però la Grazia divina ci mostrò il male in cui vivevamo,

così che, pentendoci dei nostri peccati e perdonando i nostri
uccisori, lasciammo la vita in pace con Dio,
che adesso ci affligge con il desiderio di vederlo.”

Gli dissi io: “Per quanto guardi con attenzione i vostri volti,
non riesco a riconoscere nessuno; ma se, anime destinate alla
beatitudine, avete piacere che io faccia qualcosa per voi, nel limite delle mie possibilità,

ditemelo, ed io lo farò in nome di quella pace
che, al seguito di una tale guida,
mi si permette di cercare passando da un regno all’altro.”

Incominciò allora uno a parlare: “Ognuno di noi ha fiducia
che farai il bene che ci hai promesso, senza bisogno che lo
giuri, a meno che non ti risulti impossibile attuare la tua volontà.

Perciò io (Iacopo del Cassero), che parlo da solo prima degli
altri, ti prego, se mai vedi quel paese che si estende tra la
Romagna ed il regno di Napoli, governato da Carlo d’Angiò,

che tu sia così cortese da chiedere
ai miei parenti e conoscenti di Fano, di adorare Dio per me,
così che io venga aiutato ad espiare i miei gravi peccati.

Nacqui in quel territorio; ma le profonde ferite
da cui sgorgò il sangue nel quale soggiornava la mia anima,
mi furono inferte nel territorio di Padova,

là dove avevo creduto di poter vivere più al sicuro:
me le fece infliggere il signore d’Este, che mi aveva in odio
molto più di quanto ne avesse diritto.

Ma se fossi fuggito in direzione di Mira,
quando venni raggiunto dai miei assassini ad Oriago,
mi troverei ora ancora tra i vivi.

Corsi invece verso la palude del Brenta, e le canne di bambù
ed il fango mi intralciarono la fuga fino a farmi cadere; e vidi
perciò lì il mio sangue formare un lago sulla terra.

Disse poi un’altra anima: “Possa realizzarsi il tuo desiderio
di pace che ti spinge a salire l’alto monte,
abbi la pietà di aiutarmi a realizzare il mio di desiderio!

Il mio casato è dei Montefeltro, il mio nome è Buonconte;
la mia vedova Giovanna e gli altri miei parenti non si curarono
di pregare per me; perciò io per la tristezza cammino tra queste anime a testa bassa.”

Gli chiesi allora: “Quale forza maggiore o quale caso fortuito
ti trascinò così lontano da Campaldino,
che non seppe mai il luogo della tua sepoltura?”

Mi rispose l’anima: “Appena a sud del Casentino
scorre un fiume chiamato Archiano,
che nasce nell’Appennino sopra l’eremo di Camaldoli.

Nel punto in cui questo fiume perde il suo nome, gettandosi
nell’Arno, giunsi con una grave ferita alla gola, mentre
fuggivo a piedi e bagnavo la pianura con il mio sangue.

In quel punto persi la vista e la parola, morii;
l’ultima mia parola fu il nome di Maria, poi lì
caddi, ed abbandonai il mio corpo.

Ti dirò la verità su quello che accadde in seguito, tu diffondila
poi nel mondo dei vivi: l’Angelo di Dio mi prese con sé, mentre
l’inviato dell’Inferno gridava: “Creatura del cielo, perché me lo porti via?

Tu ti prendi l’anima di costui solo per una lacrimuccia,
che quindi me ne priva; tratterò allora diversamente
l’altra parte di costui, il suo copro!”

Sai bene che nell’aria si raccoglie in nubi
il vapore, che ritorna poi nuovamente acqua
non appena raggiunge gli strati più freddi dell’atmosfera.

Quel demonio unì la sua volontà malvagia, che aspira solo al
male, all’intelligenza, ed agitò il vapore acqueo ed il vento,
utilizzando i poteri propri dalla sua natura diabolica.

Non appena il giorno fu terminato, coprì quindi tutta la valle,
da Pratomagno alla catena dell’Appennino,
di nebbia; e riempì il cielo che la sovrasta di denso vapore

tanto che l’aria satura di umidità di tramutò in acqua;
cadde la pioggia e fluì poi verso i fossati
la parte di acqua che la terra non fu in grado di assorbire;

ed appena si riversò nei fiumi più grandi,
corse poi verso l’Arno, che sfocia nel mare, tanto velocemente
che nessun ostacolo riuscì a trattenerla.

Il mio corpo congelato per il freddo
fu trovato dall’Archiano in piena alla sua foce; che lo spinse
poi nell’Arno e fu così sciolta la croce

che avevo formato sul petto con le braccia sul punto di morte;
la corrente mi fece rotolare contro le sponde ed il letto del
fiume, che infine mi sommerse con i suoi detriti.”

“Quando sari tornato nel mondo dei vivi
e ti sarai riposato del lungo viaggio”,
disse un terzo spirito dopo le parole del secondo,

“ricordati di far pregare anche per me, che sono la Pia;
nacqui a Siena e morii nella Maremma:
come sa bene colui che prima,

sposandomi, mi aveva messo al dito il suo anello.”

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