Parafrasi canto 21 (XXI) dell’Inferno di Dante

Parafrasi del Canto XXI dell’Inferno – Dante e Virgilio attraversano la quinta bolgia dove, immersi nella pece bollente, si trovano i barattieri, sotto la guardia dei diavoli Malebranche. Dopo aver visto gettare nella pece un peccatore di Lucca, Virgilio tratta con Malacoda ed ottiene di poter passare alla bolgia successiva.

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Procedemmo così dal ponte della quarta bolgia a quello della quinta, parlando
di cose di poco conto, che non vale la pena di riferire nella mia commedia;
ed eravamo oramai giunti nel punto più alto del ponte della quinta bolgia,

quando ci fermammo per guardare un nuovo avvallamento
di Malebolge, ascoltando nuovi pianti vani che da lì provenivano;
osservai quanto la fessura fosse estremamente oscura.

Come succede negli arsenali dei veneziani
quando d’inverno nei calderoni ribolle la dura pece
utilizzata per riparare i legni rotti delle navi,

che non possono per questo più navigare; ed invece di navigare
c’è chi costruisce una nuova nave e chi aggiusta
i fianchi delle navi che hanno fatto molti viaggi;

c’è chi batte i chiodi a prua e chi a poppa;
altri fabbricano remi e altri attorcigliano corde;
chi rattoppa la vela minore e chi quella maggiore;

allo stesso modo, non grazie al fuoco, ma per arte divina,
ribolliva laggiù una pece densa,
che invischiava la riva dell’avvallamento da tutte le parti.

Io vedevo la pece, ma in essa non vedevo
altro che le bolle create e fatte salire a galla dal calore, e come
la pece si gonfiava e si sgonfiava poi tutta, come se fosse stata compressa.

Mentre io la guardavo intensamente,
la mia guida Virgilio, dicendomi “guarda, guarda!”
mi tirò a sé, allontanandomi dal posto in cui stavo.

Allora io mi voltai, come l’uomo che, colto da ansia, vuole vedere
quello da cui gli conviene fuggire,
mentre la paura gli toglie tutto il coraggio e le forze,

ma, anche guardando ciò che lo spaventa, non esita a scappare;
e vidi alle nostre spalle un diavolo nero
che ci seguiva correndo su per lo scoglio.

Ah, com’era feroce il suo aspetto!
e quanto mi era sembrato crudele il suo atteggiamento,
con le ali dispiegate e così leggero sui piedi nella corsa.

Sulle sue spalle appuntite e sporgenti il diavolo portava
un peccatore che vi gravava sopra con tutte le anche, mentre
il diavolo lo afferrava violentemente per le caviglie.

Raggiunto il ponte dove stavamo il diavolo disse: “O Malebranche,
ecco uno di quegli anziani di santa Zita!
Affondatelo nella pece, che io devo ritornare ancora

in quella terra (Lucca) che ho ben rifornito di questa merce:
dove ogni uomo è un barattiere, ad eccezione di Bonturo Dati;
là, per denaro, si cambia in “sì” quel che era un “no”.

Laggiù, nel fondo della pece, gettò il peccatore, poi si volse e risalì
lo scoglio duro da dov’era giunto; e mai si vide mastino libero
dalle catene inseguire con così tanta fretta un ladro.

Il peccatore affondò nella nera pece bollente, poi risalì tutto imbrattato;
ma i demoni, che si trovavano sotto l’arco del ponte,
gridarono: “Qui non si manifesta il Santo Volto:

Qui si nuota ben differentemente che nel fiume (di Lucca) Serchio!
Però, sta attento, se non vuoi sperimentare i nostri graffi,
non salire all’aria, sopra il pelo libero della pece nera.”

Detto ciò lo afferrarono con più di cento bastoni uncinati,
dicendogli: “Qui ti conviene ballare ricoperto di pece,
cosicché, se ti riesce, puoi rubare di nascosto come al tuo solito”.

Non diversamente i cuochi ai loro aiutanti
fanno affondare la carne in mezzo al pentolone sul fuoco
usando gli uncini, così da non farla galleggiare.

Il mio buon maestro Virgilio mi disse: “Per far sembrare che tu
non ci sia, mettiti giù basso qui dietro qualche
masso sporgente, in modo che tu abbia uno schermo che ti ripari;

io andrò verso quei diavoli e per qualsiasi offesa mi possa esser fatta,
tu non temere, perché io già conosco queste cose,
visto che anche l’altra volta mi trovai ad avere un simile contrasto”.

Detto ciò, passò al di là della testa del ponte;
e come egli giunse sulla riva del sesto argine,
sicuramente dovette far appello a tutto il proprio coraggio.

Perché, con quella furia tempestosa con cui i cani
vanno addosso al poverello che chiede l’elemosina
alla porta davanti alla quale si ferma a domandare,

così i diavoli uscirono da sotto il ponticello,
e corsero incontro a Virgilio mostrandogli i loro bastoni uncinati;
ma egli gridò loro: “Nessuno di voi faccia il traditore!

Prima che un vostro uncino mi prenda,
venga avanti qualcuno di voi che mi ascolti,
e dopo deciderete se uncinarmi, se ne avrete il coraggio”.

Tutti insieme i diavoli gridarono: “Vada Malacoda!”; perciò
uno di loro si mosse – mentre gli altri rimasero fermi -, e Malacoda
andò da Virgilio e nel mentre borbottava: “a cosa gli gioverà parlare?”.

Il mio maestro Virgilio gli disse: “Malacoda, tu credi forse
che io sia venuto qui
già sicuro di evitare tutti i vostri pericoli,

senza il divino volere e il felice fato a mio favore?
Lasciaci passare, perché nel cielo si vuole che io
mostri ad altra persona questo sentiero difficile e selvaggio”.

A quelle parole l’orgoglio di Malacoda fu così abbattuto
che si lasciò cadere ai piedi persino l’uncino che aveva tra le mani
e ai suoi compagni disse: “Fate che non venga ferito”.

E il mio duca disse allora a me: “Tu che sei nascosto quatto quatto
tra i massi appuntiti del ponte,
vieni ora qui da me senza alcuna paura”.

Allora io mi mossi verso Virgilio e lo raggiunsi velocemente;
ma vidi i diavoli farsi comunque avanti, cosicché pensai
che non avrebbero mantenuto il patto tra Virgilio e Malacoda;

io vidi mostrare un uguale timore i soldati che
uscivano, arresi ai patti, da Caprona,
perché si vedevano attorniati da così tanti nemici.

Io mi accostai con tutta la mia persona
a Virgilio, e intanto non distaccavo gli occhi dalle
loro figure che non sembravano preannunciare nulla di buono.

Infatti chinavano gli uncini e si dicevano l’un con l’altro
“Vuoi che lo tocchi sul groppone?”.
E si rispondevano: “ Si, fallo! Toccalo!”.

Ma quel demonio (Malacoda) che parlava con Virgilio
si voltò in fretta verso i diavoli a fermarli,
e disse: “Fermati, fermati, Scarmiglione!”

Poi rivolto a noi disse: “Più oltre per questo scoglio non si
può andare, perché la sua sesta arcata giace
tutto spezzata sul fondo della sesta bolgia.

Ma se proprio volete proseguire nella strada,
andate su per questa costa rocciosa;
e non lontano troverete un altro scoglio che serve da ponte.

Proprio ieri, cinque ore più tardi di adesso,
si sono compiuti milleduecentosessantasei anni dal momento
in cui la via fu distrutta così (dal terremoto per la morte di Cristo).

E io devo mandare da quella parte alcuni di questi miei diavoli
a controllare se qualcuno dei dannati si ripulisce dalla pece, scappa:
andate con loro, che non vi faranno alcun male”.

Poi rivolto ai suoi demoni cominciò a dire: “ Alichino,
Calcabrina e anche tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guida tu la decina.

Si aggiungano anche Libicocco e Draghignazzo,
Ciriatto con le sue zanne e Grafficane
E Farfarello e il furioso Rubicante.

Cercate intorno ai laghi bollenti della pece:
assicurandovi intanto che costoro giungano salvi fino all’altro ponte
che ancora intero attraversa le tane delle Malebolgie”.

E io dissi: “Ohimè, maestro, cos’è che mi tocca vedere?
Ti prego, andiamo senza scorta, da soli,
se tu sai la via; che io per me una simile scorta non la chiedo.

Tu, se come al tuo solito sei così accorto, attento,
non vedi che digrignano i denti contro di noi,
e che aggrottano le ciglia e minacciano di farci chissà cosa?”

Ed egli a me: “Non voglio che tu ti spaventi:
lascia pure che digrignino i denti quanto vogliono,
perché lo fanno per i dannati che stanno bollendo nella pece”.

Dopo di ciò la truppa dei diavoli si volse indietro verso l’argine sinistro;
ma prima di muoversi ciascuno di loro aveva stretto la lingua
con i denti verso il loro capo (Barbariccia) in attesa del suo cenno;

ed egli diede loro il segnale con una scoreggia.

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