PRUDENZA di Luigi Pirandello | Testo

Data memorabile per me il 12 aprile del 1891.
Avevo compito da circa un mese trentaquattro anni. Da un pezzo mi notavo nel volto, e precisamente alla coda degli occhi e su la fronte, certi lievi solchi che mi pareva non si potessero ancora chiamar propriamente rughe. Credevo almeno che il numero degli anni miei potesse tuttavia permettermi di non chiamarli tali. Momentanei increspamenti de la pelle, che – sotto l’azione del pensiero, del riso, dell’abituale atteggiarsi della fisonomia – erano divenuti stabili. Ma rughe, no.

LA MADONNINA di Luigi Pirandello | Testo

Una scatola di giocattoli, di quelle con gli alberetti incoronati di trucioli e col dischetto di legno incollato sotto al tronco perché si reggano in piedi, e le casette a dadi e la Chiesina col campanile e ogni cosa: ecco, immaginate una di queste scatole, data in mano al Bambino Gesú, e che il Bambino Gesú si fosse divertito a costruire al padre beneficiale Fiorìca quella sua parrocchietta così;

UN GOJ di Luigi Pirandello | Testo

Il signor Daniele Catellani, mio amico, bella testa ricciuta e nasuta – capelli e naso di razza – ha un brutto vizio: ride nella gola in un certo modo così irritante, che a molti, tante volte, viene la tentazione di tirargli uno schiaffo.
Tanto più che, subito dopo, approva ciò che state a dirgli. Approva col capo; approva con precipitosi:
– Già, già! già, già!

LA VESTE LUNGA di Luigi Pirandello| Testo

Era il primo viaggio lungo di Didì. Da Palermo a Zùnica. Circa otto ore di ferrovia.
Zùnica per Didì era un paese di sogno, lontano lontano, ma più nel tempo che nello spazio. Da Zùnica infatti il padre recava un tempo, a lei bambina, certi freschi deliziosi frutti fragranti, che poi non aveva saputo più riconoscere, né per il colore, né per il sapore, né per la fragranza, in tanti altri che il padre le aveva pur recati di là: celse more in rustici ziretti di terracotta tappati con pampini di vite; perine ceree da una parte e sanguigne dall’altra, con la corona; e susine iridate e pistacchi e lumie.

L’USCITA DEL VEDOVO di Luigi Pirandello | Testo

Tante volte la signora Piovanelli, conversando dopo cena col marito, aveva fatto l’augurio che se, per disgrazia, uno dei due dovesse morire prima del tempo – ma fosse morto lui! Lui, lui, sì; anziché lei. Per il bene dei figliuoli; non per sé, beninteso.
Con qual sorriso aveva accolto quest’augurio della moglie Teodoro Piovanelli, arrotondando su la tovaglia pallottoline di mollica!

DONNA MIMMA di Luigi Pirandello | Testo

Quando donna Mimma col fazzoletto di seta celeste annodato largo sotto il mento passa per le vie del paesello assolate, si può credere benissimo che la sua personcina linda, ancora dritta e vivace, sebbene modestamente raccolta nel lungo «manto» nero frangiato, non projetti ombra su l’acciottolato di queste viuzze qua, né sul lastricato della piazza grande di là.

IL CHIODO di Luigi Pirandello | Testo

l ragazzo ha confessato che, quel chiodo, lui l’aveva trovato traversando una strada del quartiere negro di Harlem. Era un grosso chiodo arrugginito caduto forse da un carro passato poco prima per la strada.
Caduto apposta.
– Come, apposta?

IL FIGLIO CAMBIATO di Luigi Pirandello | Testo

Avevo udito urlare durante tutta la notte, e a una cert’ora fonda e perduta tra il sonno e la veglia non avrei più saputo dire se quelle urla fossero di bestia o umane.
La mattina dopo venni a sapere dalle donne del vicinato ch’erano state disperazioni levate da una madre (una certa Sara Longo), a cui, mentre dormiva, avevano rubato il figlio di tre mesi, lasciandogliene in cambio un altro.

LA CASA DELL’AGONIA di Luigi Pirandello | Testo

Il visitatore, entrando, aveva detto certamente il suo nome; ma la vecchia negra sbilenca venuta ad aprire la porta come una scimmia col grembiule, o non aveva inteso o l’aveva dimenticato; sicché da tre quarti d’ora per tutta quella casa silenziosa lui era, senza più nome, “un signore che aspetta di là”.
Di là, voleva dire nel salotto.

DI GUARDIA di Luigi Pirandello | Testo

– Tutti? Chi manca? – domandò San Romé, affacciandosi a una delle finestre basse del grazioso villino azzurro, dalle torricelle svelte e i balconi di marmo scolpiti a merletti e a fiorami.
– Tutti! tutti! – gli rispose a una voce, dal verde spiazzo ancor bagnato e luccicante di guazza, la comitiva dei villeggianti ravvivati dalla gaja freschezza dell’aria mattutina, essendo venuti su da Sarli a piedi.