Con le braccia appoggiate sulle gambe discoste e lasciando pendere come morte le mani terrose, il vecchio Maràbito sedeva sul logoro muretto accanto alla porta della roba.
Casa e stalla insieme, col pavimento fatto coi ciottoli del fiume (dove non mancavano), quella vecchia roba cretosa e annerita gli faceva sentire, ancora per poco, il suo alito: quell’odor grasso e caldo del concio, quel tanfo secco e acre del fumo stagnato, ch’erano per lui l’odore stesso della sua vita. Contemplava intanto il suo podere, sbattendo continuamente gli occhietti vitrei infossati, che gli restavano duri e attoniti quasi a dispetto delle palpebre.
Autori famosi
MARSINA STRETTA di Luigi Pirandello | Testo
Di solito il professor Gori aveva molta pazienza con la vecchia domestica, che lo serviva da circa vent’anni. Quel giorno però, per la prima volta in vita sua, gli toccava d’indossar la marsina, ed era fuori della grazia di Dio.
Già il solo pensiero, che una cosa di così poco conto potesse mettere in orgasmo un animo come il suo, alieno da tutte le frivolezze e oppresso da tante gravi cure intellettuali, bastava a irritarlo.
DIALOGHI TRA IL GRAN ME IL PICCOLO ME di Luigi Pirandello | Testo
(Il Gran Me e il piccolo me rincasano a sera da una scampagnata, nella quale furono tutto il giorno in compagnia di gentili fanciulle, a cui l’inebriante spettacolo de la novella stagione ridestava certo, come gli occhi loro e i sorrisi e le parole palesavano, di dolci, ineffabili voglie segretamente il cuore. Il Gran Me è ancora come preso da stupore e in visione dei fantasmi creatigli nello spirito dal diffuso incantesimo della rinascente primavera. Il piccolo me è invece alquanto stanco, e vorrebbe lavarsi le mani e la faccia e quindi andare a letto. La camera è al bujo. Il tessuto delle leggiere cortine alle finestre si disegna nel vano sul bel chiaro di luna. Viene dal basso il murmure sommesso delle acque del Tevere e, a quando a quando, il cupo rotolio di qualche vettura sul ligneo ponte di Ripetta.)
LA CASSA RIPOSTA di Luigi Pirandello | Testo
Quando il biroccino fu sotto la chiesina di San Biagio lungo lo stradone, il Mèndola, di ritorno dal podere, pensò di salire al cimitero sul poggio a veder che cosa ci fosse di vero nelle lagnanze rivolte al Municipio per quel custode Nocio Pàmpina, detto Sacramento.
Assessore comunale da circa un anno, Nino Mèndola, proprio dal giorno che aveva assunto la carica, non stava più bene. Soffriva di capogiri. Senza volerlo confessare a se stesso, temeva d’esser colpito da un giorno all’altro d’apoplessia: male, di cui erano morti tutti i suoi, immaturamente. Era perciò sempre di pessimo umore; e ne sapeva qualche cosa quel suo cavalluccio attaccato al biroccino.
SGOMBERO di Luigi Pirandello | Testo
Squallida stanza a terreno. Un lettuccio su cui giace rigido, ma non ancora composto nel consueto atteggiamento dei morti, il cadavere d’un vecchio, con la barba messa da malato e i globi degli occhi stravolti, quasi trasparenti sotto le palpebre esili come veli di cipolla. Le braccia fuori delle coperte e le mani giunte sul petto. Il letto ha la testata contro la parete, e un Crocefisso è appeso al capezzale. Accanto al letto è un tavolinetto da notte con qualche bicchiere di medicinale, una bottiglia e un candeliere di ferro.
L’ALTRO FIGLIO di Luigi Pirandello | Testo
BENEDIZIONE di Luigi Pirandello | Testo
– Io non so com’è la gente! – soleva ripetere don Marchino per lo meno una ventina di volte al giorno, insaccandosi nelle spalle e aprendo le mani a ventaglio davanti al petto, con gli angoli della bocca contratti in giù: – Io non so com’è la gente!
Perché la gente in tanti e tanti casi non si regolava com’egli si sarebbe regolato; o anche perché la gente spessissimo trovava da ridire su tutto ciò che faceva lui e che a lui pareva ben fatto.
LA CORONA di Luigi Pirandello | Testo
Il dottor Cima si fermò all’entrata della villetta comunale, che sorgeva sul poggio all’uscita del paese; stette un pezzo a guardare il rustico cancello a una sola banda, sorretto da due pilastri non meno rustici, dietro ai quali si levavano tristi due cipressetti (tristi, quantunque attorno a loro ridessero in ghirlande qua e là, tra il cupo verde, alcune roselline rampicanti); guardò l’erto viale che dal cancello saliva al poggio, alla cui vetta stava tra gli alberi un chiosco che voleva sembrare una pagoda; e aspettò che il desiderio di farsi una giratina per sollievo in quella vecchia villetta quasi abbandonata riuscisse a vincere in lui la rilassatezza delle membra, che il tepore inebriante del primo sole gli aveva cagionato.
GIOVENTU’ di Luigi Pirandello | Testo
Abbandonata tra i guanciali dentro quell’antico seggiolone di cuojo, che don Buti, il parroco, aveva voluto per forza mandarle dalla casa parrocchiale – (“c’a preuva, madama, e a vëdrà s’ a farà nen ’l miracöl d’ fela guarì”) – la linda vecchina inferma, ancora tanto bella con quei candidi capelli ondulati sotto la cuffia di…
NOTIZIE DEL MONDO di Luigi Pirandello | Testo
In tutto, due lagrimucce, tre ore coi gomiti sul tavolino, la testa tra le mani; sissignori: a forza di strizzarmi il cuore, eccole qua nel fazzoletto: proprio due, spremute agli angoli degli occhi. Da buoni amici, caro Momo, facciamo a metà. Una per te morto, una per me vivo. Ma sarebbe meglio, credi, che me le prendessi tutt’e due per me.
Come un vecchio muro cadente sono rimasto, Momino, a cui una barbara mano abbia tolto l’unico puntello. (Bella, eh? la barbara mano.) Ma non so piangere, lo sai. Mi ci provo, e riesco solo a farmi più brutto, e faccio ridere.