Paolino Lovico si buttò per morto su uno sgabello davanti la farmacia Pulejo in Piazza Marina. Guardò dentro, al banco, e asciugandosi il sudore che gli grondava dai capelli su la faccia congestionata, domandò a Saro Pulejo:
– È passato?
– Gigi? No. Ma starà poco. Perché?
– Perché? Perché mi serve! Perché… Quante cose vuoi sapere!
Autori famosi
I TRE PENSIERI DELLA SBIOBBINA di Luigi Pirandello | Testo
A nove anni, come se il destino avesse teso dall’ombra una manaccia invisibile e gliel’avesse imposta sul capo: – Fin qua! – Clementina, tutt’a un tratto, aveva fatto il groppo. Là, a poco più d’un metro da terra.
I medici, eh! subito, con la loro scienza, avevano compreso che non sarebbe cresciuta più. Linfatismo, cachessia, rachitide
Brevi! parlo intendere alle gambe, adesso, al busto di Clementina, che non si doveva più crescere!
L’IMBECILLE di Luigi Pirandello | Testo
Ma che c’entrava, in fine, Mazzarini, il deputato Guido Mazzarini, col suicidio di Pulino? – Pulino? Ma come? S’era ucciso Pulino? – Lulù Pulino, sì: due ore fa. Lo avevano trovato in casa, che pendeva dall’ànsola del lume, in cucina. – Impiccato? – Impiccato, sì. Che spettacolo! Nero, con gli occhi e la lingua fuori, le dita raggricchiate. – Ah, povero Lulù! – Ma che c’entrava Mazzarini?
RISPOSTA di Luigi Pirandello | Testo
Ti sei sfogato bene, amico mio!
Veramente è da rimpiangere che tu, facendo violenza alla tua nativa disposizione, non abbia potuto dedicarti alle Muse. Quanto calore nelle tue espressioni, e con quale trasparente evidenza, in pochi tocchi, fai balzar vivi innanzi agli occhi luoghi, fatti e persone!
Sei addolorato, sei indignato, povero Marino mio; e non vorrei che questa mia risposta ti accrescesse il dolore e l’indignazione.
LUCILLA di Luigi Pirandello | Testo
Prato al sole, erba nuova, fili di suono, nel silenzio che pare uno stupore. Stupore di come s’accendono qua questi fiorellini d’oro e là bruciano quei rossi.
Ma già comincia a cadere, di sbieco e pericolante sul verde, l’ombra azzurra del conventino con la tozza crocetta in cima alla cuspide, così allungata che va a sbattere, e si rizza spezzata, su quel bianco muretto a riparo degli orti.
NENIA di Luigi Pirandello | Testo
LA CATTURA di Luigi Pirandello | Testo
Il Guarnotta seguiva col corpo ciondolante l’andatura dell’asinello, come se camminasse anche lui; e per poco veramente le gambe, coi piedi fuori delle staffe, non gli strisciavano sulla polvere dello stradone.
Ritornava, come tutti i giorni a quell’ora, dal suo podere quasi affacciato sul mare, all’orlo dell’altipiano. Più stanca e più triste di lui, la vecchia asinella s’affannava da un pezzo a superare le ultime pettate di quello stradone interminabile, tutto a volte e risvolte, attorno al colle, in cima al quale pareva s’addossassero fitte, una sull’altra, le decrepite case della cittaduzza.
L’UCCELLO IMPAGLIATO di Luigi Pirandello | Testo
Tranne il padre, morto a cinquant’anni di polmonite, tutti gli altri della famiglia – madre e fratelli e sorelle e zie e zii del lato materno – tutti erano morti di tisi, giovanissimi, uno dopo l’altro.
Una bella processione di bare.
Resistevano loro due soli ancora, Marco e Annibale Picotti; e parevano impegnati a non darla vinta a quel male che aveva sterminato due famiglie.
CAPANNETTA di Luigi Pirandello | Testo
Un’alba come mai fu vista.
Una bimba venne fuori della nera capannetta, coi capelli arruffati sulla fronte e con un fazzoletto rosso-sbiadito in testa
Mentre andava bottonando la dimessa vesticciola, sbadigliava, ancora abbindolata dal sonno, e guardava: guardava lontano, con gli occhi sbarrati come se nulla vedesse
CONCORSO PER REFERENDARIO AL CONSIGLIO di Luigi Pirandello | Testo
I pochi avventori del Romitorio, esiliati lassù in vetta al Monte, da un pezzo sentivano la vociaccia di Natale il somararo, su per l’erta faticosa sotto la macchia:
— Sci… bsrrr! Sc… brrr!
E nella calura asfissiante, nell’ozio opprimente, fra lo stridor lontano, continuo, delle cicale e gli zighi acuti dei grilli vicini, ansiosi di sapere se quello stortaccio conducesse lassù qualche nuovo compagno di sventura o un visitatore momentaneo, si affacciavano di tanto in tanto alle finestre dell’ex-convento, ridotto da alcuni anni ad albergo.