Non avendo piú nessuno a cui comandare, Simone Lampo aveva preso da un pezzo l’abitudine di comandare a se stesso. E si comandava a bacchetta:
– Simone, qua! Simone, là!
S’imponeva apposta, per dispetto del suo stato, le faccende piú ingrate. Fingeva talvolta di ribellarsi per costringersi a obbedire, rappresentando a un tempo le due parti in commedia.
Autori famosi
DONO DELLA VERGINE MARIA di Luigi Pirandello| Testo
Così: una crocetta e il nome della figlia morta accanto. Cinque, in colonna. Poi una sesta, che aspettava il nome dell’ultima: Agata, a cui poco ormai restava da patire.
Don Nuccio D’Alagna si turò le orecchie per non sentirla tossire di là; e quasi fosse suo lo spasimo di quella tosse, strizzò gli occhi e tutta la faccia squallida, irta di peli grigi; poi s’alzò.
MUSICA VECCHIA di Luigi Pirandello | Testo
IL VENTAGLINO di Luigi Pirandello | Testo
Il giardinetto pubblico, meschino e polveroso, in quel torrido pomeriggio d’agosto era quasi deserto, in mezzo alla vasta piazza cinta tutt’intorno da alte case giallicce, assopite nell’afa. Tuta vi entrò, col bambino in braccio. Su un sedile in ombra, un vecchietto magro, perduto in un abito grigio d’alpagà, teneva in capo un fazzoletto. Sul fazzoletto,…
LONTANO di Luigi Pirandello | Testo
Dopo aver cercato inutilmente dappertutto questo e quel capo di vestiario e avere imprecato: – Porco diavolo! – non si sa quante tra sbuffi e grugniti e ogni sorta di gesti irosi, alla fine Pietro Mìlio (o Don Paranza come lo chiamavano in paese) sentì il bisogno d’offrirsi uno sfogo andando a gridare alla parete che divideva la sua camera da quella della nipote Venerina:
– Dormi, sai! fino a mezzogiorno, cara. Ti avverto però che oggi non c’è lo sciocco che piglia pesci per te.
SOFFIO di Luigi Pirandello | Testo
Certe notizie sopravvengono così inattese che si resta lì per lì sbalorditi, e dallo sbalordimento pare non si trovi piú modo a uscire se non ricorrendo a una delle frasi piú fruste o delle considerazioni piú ovvie.
Per esempio, quando il giovane Calvetti, segretario del mio amico Bernabò, m’annunziò la morte improvvisa del padre del Massari, da cui poco prima Bernabò e io eravamo stati a colazione, mi venne d’esclamare: «Ah la vita cos’è! Basta un soffio a portarsela via»; e congiunsi il pollice e l’indice d’una mano per soffiarci su, come a far volare una piuma che tenessi tra quelle due dita.
SERVITU’ di Luigi Pirandello | Testo
Due volte la mammina aveva sporto il capo dall’uscio a raccomandare alla Dolly di non parlar troppo, di non agitarsi tanto, ché altrimenti la febbre le sarebbe cresciuta.
– Parli sempre tu… giuochi tu sola…
La Dolly, sostenuta da una pila di guanciali, sedeva sul lettino in compagnia di tutte le sue bambole belle. E due volte, scotendo la testina per cacciar via dagli occhi i riccioli d’oro scappati nel calore del giuoco di sotto la cunetta di raso celeste, aveva risposto alla mamma:
– No, io sola; giuoca anche Nenè…
IL PROFESSORE TERREMOTO di Luigi Pirandello | Testo
Quanti, di qui a molti anni, avranno la ventura di rivedere risorte Reggio e Messina dal terribile disastro del 28 dicembre 1908, non potranno mai figurarsi l’impressione che si aveva, allorché, passando in treno, pochi mesi dopo la catastrofe, cominciava a scoprirsi, tra il verde lussureggiante dei boschi d’aranci e di limoni e il dolce azzurro del mare, la vista atroce dei primi borghi in rovina, gli squarci e lo sconquasso delle case.
NIENTE di Luigi Pirandello | Testo
La botticella che corre fragorosa nella notte per la vasta piazza deserta, si ferma davanti al freddo chiarore d’una vetrata opaca di farmacia all’angolo di via San Lorenzo. Un signore impellicciato si lancia sulla maniglia di quella vetrata per aprirla. Piega di qua, piega di là – che diavolo? – non s’apre.
– Provi a sonare, – suggerisce il vetturino.
– Dove, come si suona?
– Guardi, c’è lí il pallino. Tiri.
Quel signore tira con furia rabbiosa.
E DUE di Luigi Pirandello | Testo
Dopo aver vagato a lungo per il quartiere addormentato dei Prati di Castello, rasentando i muri delle caserme, sfuggendo istintivamente il lume dei lampioni sotto gli alberi dei lunghissimi viali, pervenuto alla fine sul Lungotevere dei Mellini, Diego Bronner montò, stanco, sul parapetto dell’argine deserto e vi si pose a sedere, volto verso il fiume, con le gambe penzoloni nel vuoto.