Parafrasi COMPLETA del Canto 7 (VII) del poema Orlando Furioso – Il mago Atlante, sempre intenzionato a salvare la vita a Ruggiero allontanandolo da ogni conflitto, fa rapire il cavaliere pagano dal cavallo alato Ippogrifo e lo coduce sull’isola della maga Alcina. Il saraceno si innamora dell’anziana maga (lei si mostra sotto falso aspetto) e si dimentica quindi di ogni suo impegno. La maga Marfisa, rispondendo alla richiesta d’aiuto di Bradamante, si reca anch’essa sull’isola di Alcina e riesce quindi a convincere l’uomo a scappare.
Leggi il testo del canto 7 (VII) del poema Orlando Furioso
1
Chi si allontana dalla propria patria, vede
cose diverse da ciò che è abituato a credere;
così che, raccontandole poi al ritorno, non viene creduto
e viene quindi considerato un bugiardo:
poiché il popolo sciocco non vuole dargli fede
se non vede e tocca con mano le cose così che siano chiare ed evidenti.
Per questo motivo so che il non aver vissuto personalmente le situazioni narrate,
farà sì che al mio canto venga dato poco credito.
2
Poco o molto credito che io possa avere, non bisogna
che io pongo attenzione al popolo sciocco e con poca esperienza.
A voi, cardinale Ippolito, so bene che non appariranno invece come menzogne,
dal momento che avete ben chiaro il lume della ragione;
ed ogni mia intento desidera che solo da voi
il frutto delle mie fatiche possa essere apprezzato.
Vi ho lasciato nel punto in cui Ruggiero e le due donne videro il ponte e la riviera,
a guardia della quale stava la superba Erifile.
3
Era lei armata con il più raffinato dei metalli,
ornato da gemme di svariati colori:
rosso rubino, giallo crisolito,
verde smeraldo, insieme a zircone color dell’oro.
Era in groppa ad un animale, ma non ad un cavallo;
invece di quello, spronava un lupo:
aveva spinto un lupo nel punto in cui si attraversava il fiume,
su di una sella riccamente adornata, fuori dal comune.
4
Non credo che un lupo così grande possa essere trovato in Puglia:
era infatti più grosso ed alto di un bue.
Non usava un morso per guidarlo, facendogli spumare le labbra,
e non so nemmeno come potesse sottometterlo alle proprie volontà.
Una sopraveste colore della sabbia
portava sopra la propria armatura, quella peste maledetta di Erifile:
era, ad eccezione del colore, di quel tipo
che i vescovi ed i prelati usano nella corte.
5
E portava, come simbolo, sullo scudo e sul cimiero
un rospo gonfio e velenoso.
Le due donne indicarono al cavaliere la gigantesca Erifile,
giunta al capo del ponte per sfidarlo in combattimento,
farsi beffa di lui ed interrompere il suo cammino,
come è solita fare a volte con alcuni.
Lei grida a Ruggiero di tornare indietro:
lui impugna una lancia, la minaccia e la sfida a combattimento.
6
La gigantessa, non meno veloce ed audace,
sprona al galoppo il grande lupo, si stringe all’arcione,
pone la propria lancia, a metà del tragitto, in posizione di attacco
e fa tremare la terra con il suo avanzare.
Ma rimane infine stesa sul prato dopo il duro scontro;
poiché il prode Ruggiero la colpisce sotto l’elmo con il ferro della lancia,
e la caccia dall’arcione con tale furore,
da ributtarla indietro per sei braccia di distanza.
7
E subito, sfoderata la spada che aveva in vita,
avanzava verso di lei per tagliarle la superba testa:
e avrebbe potuto anche ben farlo, dal momento che, come fosse morta,
Erifile giaceva tra i fiori e l’erba.
Ma le donne gridarono: “Accontentati che sia stata sconfitta,
non voler ottenere una altra dura vendetta.
Riponi, gentile cavaliere, la tua spada;
oltrepassiamo il ponte e proseguiamo per la nostra strada.”
8
Presero una via alquanto difficile e poco agevole
attraverso ad un bosco,
che oltre ad essere piena di sassi e stretta,
proseguiva su dritta, ripida, lungo la collina.
Ma dopo che furono saliti fin su la vetta,
uscirono dal bosco in una spaziosa prateria,
dove videro il più bello ed il più gioioso palazzo
che fosse mai stato visto al mondo.
9
La bella Alcina venne avanti, per un pezzo di strada,
fuori dalle prime porte d’ingresso del palazzo, verso Ruggiero,
e lo accolse, con modi signorili,
in mezzo ad una corte bella e stimabile.
Da tutti gli altri, furono fatte al forte guerriero
tanti onori e tante reverenze,
che non potrebbero fare di più se in mezzo a loro
fosse disceso Dio direttamente dal Paradiso.
10
Il bel palazzo era tanto superiore agli altri non
perché non aveva pari per ricchezza,
quanto perché era abitato dalle persone più piacevoli,
e con i modi più gentili, che ci potessero essere al mondo.
Ogni persona era poco differente dall’altra
sia per la giovane età che per bellezza:
solo Alcina superava gli altri per bellezza,
così come il sole è più bello di ogni altra stella.
11
La sua persona era tanto bene formata,
quanto meglio sanno fare i più abili pittori;
con una bionda chioma lunga ed annodata:
non c’è oro che risplenda di più e sia più lucente.
Si diffondeva lungo la sua delicata guancia
un misto di colore di rose e di ligustri;
simile a limpido avorio era la sua lieta fronte,
che si estendeva entro giusti limiti.
12
Sotto due neri e sottilissimi archi
si trovavano due occhi neri, anzi due chiari soli,
benevoli nel guardare, lenti nel muoversi;
intorno ai quali sembra che voli e giochi il dio Amore,
che da lì scagli tutte le sue frecce
e che in modo chiaro i cuori rubi:
da qui il naso scende attraverso il viso,
sul quale nemmeno l’invidia potrebbe trovare un difetto.
13
Sotto al naso si trova, tra due piccole fossette,
la bocca cosparsa di un rosso naturale;
qui si trovano due file di perle rare,
che un bello e dolce labbro apre e chiude:
da qui escono dolci e cortesi parole
tali da rendere molle, ingentilire, ogni cuore rozzo e ruvido;
qui si forma quel dolce sorriso,
che apre a suo piacere il Paradiso in terra.
14
Neve bianca è il suo bel collo, il petto è latte;
il collo è tondo, il petto largo e bene riempito:
due seni piccoli e sodi, fatti come d’avorio,
vengono e vanno con il suo respiro come onde sul margine estremo della spiaggia,
quando un piacevole venticello percuote il mare.
Neppure Argo, con i suoi cento occhi, potrebbe vedere le altri parti del suo copro:
si può a buon ragione ritenere che ciò che rimane nascosto
corrisponda a quello che si può ammirare dal fuori.
15
Le braccia mostrano la loro giusta lunghezza;
e la bianca mano spesso appare
alquanto lunga ed affusolata,
sulla quale non compare nessun nodo, né alcuna vena sporge.
Si vede alla fine della maestosa persona
il piccolo piede, asciutto ma ben rotondo.
Coloro, nati in cielo, che hanno aspetto angelico
non possono essere nascosti sotto nessun velo.
16
Ogni sua parte del corpo era una laccio teso per catturare gli amanti,
sia che parli o rida o canti o muova passi:
non c’è quindi da meravigliarsi se Ruggiero fu preso in trappola,
trovandola così tanto buona nei propri confronti.
Quello che riguardo a lei aveva appreso dal mirto (nel quale Astolfo è stato trasformato),
di come fosse perfida e crudele, a poco gli serve;
dal momento che non gli sembra possibile che l’inganno ed il tradimento
possa convivere con un così gioioso sorriso.
17
Anzi vuole anche credere che da costei
Astolfo fosse stato trasformato in mirto, in riva al mare,
a causa del suo comportamento ingrato e malvagio,
e che fosse stato degno di questa ed anche di più grave pena:
e tutto ciò che riguardo a lei aveva udito,
ritiene ora essere falso; e che sono il desiderio di vendetta,
l’invidia e l’astio nei confronti di lei, a spingere quell’infelice, Astolfo,
a rimproverarla, e che quindi lui mente su ogni cosa.
18
La bella donna, Bradamante, che Ruggiero così tanto amava,
all’improvviso non trova più posto nel suo cuore;
poiché per incantesimo Alcina gli purifica il cuore
da ogni antica ferita d’Amore;
e lo occupa solo con il pensiero di sé stessa e dell’Amore nei suoi confronti,
e rimane in quel cuore impressa solo lei:
tanto che Ruggiero si deve scusare
per essere stato in quell’occasione incostante e leggero.
19
Alla mensa del palazzo di Alcina, cetre, arpe e lire,
e diversi altri dilettevoli suoni,
facevano tintinnare l’aria tutt’intorno
con una dolce armonia e gradevoli accordi.
Non mancava poi chi, cantando, raccontare
sapesse delle gioie e delle sofferenze dell’Amore,
o con poesie o invenzioni vocali
sapesse rappresentare gradite fantasie.
20
Quale suntuosa, ricca, e trionfante mensa
di qualsivoglia successore di Nino, primo re Assiro,
o quale mai tanto celebre e famosa
mensa di Cleopatra in onore del vincitore romano (Cesare o Antonio),
potrebbe eguagliare questa, che l’amorosa
maga aveva posta innanzi al paladino?
Una simile non credo che venga apparecchiata nemmeno là sull’Olimpo dove
Ganimede serve da bere al sommo Giove.
21
Dopo che erano state tolte le tavole apparecchiate e le vivande,
facevano, sedendo in cerchio, un lieto gioco:
nel quale ognuno domanda nell’orecchio dell’altro,
come più a loro piace, qualche segreto;
così che agli amanti offrì una comoda occasione
di rendere noto il loro Amore senza dover rispettare alcun divieto:
ed infine si accordarono
per ritrovarsi insieme quella notte.
22
Terminarono subito quel gioco, molto prima
di quanto non fosse abitudine là dentro:
quindi i paggi, con torce, precedendoli,
cacciarono le tenebre con molte luci.
Circondato da una piacevole compagnia,
Ruggiero andò a coricarsi
in una adornata e fresca cameretta,
scelta quale la migliore tra tutte le altre presenti.
23
E dopo che con dolci e buoni vini
furono nuovamente fatte le dovute offerte,
e se ne andarono gli altri inchinandosi con riverenza,
ed ognuno se ne è tornato alla propria stanza;
Ruggiero entrò sotto le profumate coperte di lino
che sembravano essere state tessute da Aracne,
tenendo tuttavia le proprie orecchie attente
per sentire se stava ancora per arrivare la bella donna.
24
Ad ogni piccolo movimento che lui udiva,
sperando che fosse lei che arrivava, alzava il proprio capo:
credeva di sentire qualcosa ma spesso era solo frutto della sua immaginazione;
quindi, rendendosi conto del proprio errore, sospirava.
A volte usciva dal letto ed apriva l’uscio della cameretta,
guardava con attenzione fuori ma senza trovare nulla:
e maledì ben mille volte l’ora che lo separava dall’arrivo di lei
e che ci metteva così tanto a passare.
25
Spesso diceva a sé stesso: “Sta partendo adesso Alcina”;
ed incominciava quindi a contare i passi
che potevano esserci tra la stanza sua e quella
dalla quale si aspettava che Alcina uscisse;
prima che la bella donna fosse effettivamente giunta,
immagina queste ed altri vane situazioni.
Spesso teme che sia capitato qualche impedimento,
a porsi tra la mano ed il frutto del desiderio.
26
Alcina, dopo che all’operazione di profumarsi,
dopo lungo tempo, mise fine,
giunto il momento di non indugiare oltre,
ormai che nel palazzo ogni cosa era tranquilla,
uscì sola fuori dalla propria camera;
ed in silenzio andò, attraverso una via segreta,
là dove a Ruggiero il timore e la speranza avevano,
per molto tempo, combattuto tra loro intorno al cuore.
27
Come Ruggiero, successore di Astolfo come amante di Alcina, si vede
apparire sopra i ridenti e luminosi occhi di lei,
come se avesse nelle vene zolfo infiammato,
non sembra riuscire a stare nella propria pelle.
Ora sino ai propri occhi, completamente immerso, ben nuota nel golfo
delle delizie e delle cose belle:
salta dal letto e la accoglie tra le proprie braccia,
senza poter aspettare oltre che lei si spogli;
28
sebbene non avesse lei indosso né gonna né sottana;
poiché arrivò da lui avvolta in un leggero drappo di seta,
messo sopra ad una camicia,
bianca e sottile più di qualunque altra.
Non appena Ruggiero la abbracciò, cedette
il mantello che aveva addosso: e restò a coprirla solo il velo sottile e rado,
che non copriva né il davanti né il didietro
più di quanto un sottile vetro possa coprire le rose ed i gigli.
29
L’edera non tiene tanto stretta
la pianta intorno alla quale si è avvinghiata,
così come si stringono tra loro i due amanti,
cogliendo dal respiro sulle labbra
un soave fiore, quale non può produrre un seme
indiano o arabo nella sabbia che fa crescere così bene le piante aromatiche.
Del grande piacere che provavano, tocca a loro raccontare;
poiché spesso avevano più di una lingua in bocca.
30
Questi avvenimenti in quel castello era tenuti segreti,
e se proprio non segreti, almeno taciuti;
che raramente il tacere, il tenere le labbra chiuse,
fu causa di rimprovero per qualcuno, al contrario fu spesso ritenuto una virtù.
Offerte di ogni sorta e liete accoglienze
riservano a Ruggiero quelle persone astute:
ognuno lo riverisce e si inchina di fronte a lui;
poiché così vuole l’innamorata Alcina.
31
Non esiste nessun piacere che rimanga fuori;
poiché ci sono tutti in quella amorosa dimora.
E due o tre volte al giorno cambiano le vesti,
fatte ora per una ed ora per una altra occasione di piacere.
Spesso in banchetti, e sempre partecipano a feste,
a giostre, a spettacoli di lotta, a rappresentazioni teatrali, a bagni ed a danze:
ora presso a delle fonti, all’ombra di piccole colline,
leggono poesie di antichi autori;
32
ora attraverso ombrose valli e liete colline
vanno a cacciare le paurose lepri;
ora con cani dal naso fine i fagiani impazziti per lo spavento
fanno uscire con forti schiamazzi dalle stoppie e dai pruni;
ora ai tordi, lacci o vischi appiccicosi
mettono come trappole tra i profumati ginepri;
ora con ami coperti di esche ed ora con delle reti
disturbano i graditi rifugi dei pesci.
33
Ruggiero viveva in tanta gioia e festa,
mentre re Carlo si trovava in affanno, ed anche Agramante,
la cui storia in non vorrei, a favore di quella di Ruggiero,
lasciare nell’oblio, né vorrei abbandonare Bradamante,
che con affanno e pena fastidiosa
per più giorni pianse il suo tanto desiderato amante,
che aveva visto portato via, in cielo, attraverso strade
nuove e mai battute, senza sapere nemmeno verso quale destinazione.
34
Racconterò, prima che degli altri, di costei,
che per molti giorni andò invano alla ricerca di lui,
attraverso boschi ombrosi e la soleggiata campagna,
attraverso villaggi, città, monti e pianure;
mai riuscì ad avere notizie del suo caro amico,
che si trovava molto lontano da lei.
Spesso andava nell’accampamento nemico dei saraceni,
ma mai poté trovare traccia del suo Ruggiero.
35
Ogni giorno chiede di lui a più di cento persone,
ma mai nessuno le sa dare notizie.
Va di accampamento in accampamento,
cercandolo in tende e padiglioni:
e lo può anche fare; poiché senza alcun impedimento
passa tra cavalieri e fanti
grazie all’anello che, in un modo totalmente straordinario,
la fa sparire alla vista quando viene chiuso nella sua bocca.
36
Non può e non vuole credere che Ruggiero sia morto;
perché l’estrema sconfitta, la morte, di un uomo tanto famoso
si sarebbe udita in tutto il mondo, da Oriente
fino ad Occidente, là dove il sole tramonta.
Non è in grado né di dire né di immaginare quale via
possa seguire sia in cielo che in terra; e nonostante tutto, misera lei,
va alla sua ricerca, e, come compagni, porta con sé
i sospiri, i pianti ed ogni aspra pena.
37
Pensò alla fine di tornare alla grotta
dove si trovavano le ossa del profeta Merlino,
e di gridare tanto intorno a quel sarcofago
fino a ché il freddo marmo non si fosse mosso per la pietà;
così che, se Ruggiero era ancora vivo, o se
il supremo destino, la morte, gli aveva interrotto la sua felice vita,
si sarebbe quindi saputo: e poi si sarebbe aggrappata
al miglior consiglio che avrebbe potuto ricevere da Merlino..
38
Con questa intenzione Bradamante intraprese il cammino
verso le foreste vicine a Pontiero, feudo dei Maganza,
là dove la tomba parlante di Merlino
stava nascosta in un luogo montuoso e selvaggio.
Ma quella maga, Melissa, che sempre vicino
a Bradamante aveva tenuto il proprio pensiero,
quella, mi riferisco a lei, che nella bella grotta
l’aveva istruita e messa a conoscenza della sua stirpe;
39
quella buona e saggia incantatrice,
la quale ha sempre avuto cura di costei,
sapendo che sarebbe stata progenitrice
di uomini vittoriosi, anzi, di semidei;
ogni giorno vuole sapere che cosa stia facendo, che cosa dica,
ed ogni giorno fa incantesimi per sapere presente e futuro di lei.
di Ruggiero liberato e poi smarrito,
e del luogo in India dove si è recato, ha saputo tutto.
40
L’aveva visto molto bene su quel cavallo
che non poteva guidare, non ubbidendo al freno,
allontanarsi per una così grande distanza
lungo un sentiero pericoloso e mai battuto, per la via dell’aria;
e molto bene sapeva anche che si trovava ora preso da giochi, balli,
dal cibo e dal morbido e delicato ozio,
senza avere più memoria del proprio signore,
né della sua donna amata, né del proprio onore.
41
Ed in questo modo, il fiore dei più bei anni della sua vita, il meglio della sua giovinezza,
avrebbe potuto consumare nella lunga inerzia, nella lunga inattività,
un così gentile cavaliere, per dover poi
perdere il proprio corpo e la propria anima, trasformato in pianta, ad un certo punto;
e quel buon nome, che solo rimane di noi
dopo che tutto il resto, più fragile, è ormai defunto,
che toglie l’uomo dal sepolcro e lo mantiene in vita,
gli sarebbe stato o troncato o divelto come erba.
42
Ma Melissa, quella gentile maga, che aveva più
cura di Ruggiero che lui di sé stesso,
decise di condurlo per la via montuosa e dura
che porta alla vera virtù, anche contro la sua volontà:
come un eccellente medico, che cura
servendosi di ferro e fuoco, e spesso anche con il veleno,
all’inizio dell’operazione dà dolore,
ma poi alla fine reca giovamento ed allora viene ringraziato per le cure ricevute.
43
Non era lei indulgente nei suoi confronti, ed era
divenuta talmente cieca a causa dell’eccessivo Amore,
che, come faceva il mago Atlante, solamente
per prolungare la sua vita avrebbe dato il suo cuore.
Atlante desiderava molto di più che a lungo
vivesse anche senza fama e senza onore,
piuttosto che, avendo tutta la fama che si poteva ottenere al mondo,
perdesse anche un solo anno della sua felice vita.
44
L’aveva mandato all’isola di Alcina,
perché in quella corte si dimenticasse delle armi, del suo mestiere;
e come un mago dai grandi poteri,
che sapeva usare ogni tipo di incantesimo,
aveva stretto il cuore di quella regina
nell’amore di lui, con un laccio talmente forte
che non se ne sarebbe mai potuta sciogliere e liberare,
anche se Ruggiero fosse diventato più vecchio di Nestore.
45
Ora, tornando a parlare di lei, Melissa, che aveva previsto
quanto doveva ancora accadere, vi narro che andò
direttamente là dove la girovaga e graziosa
figlia di Amone, Bradamante, venne quindi ad incontrarsi con lei.
Bradamante, vedendo la maga,
trasforma la sofferenza, che aveva fino al quel punto sopportato,
tutta il speranza; e Melissa le rivela la verità:
che il suo Ruggiero è stato condotto da Alcina.
46
La giovane rimane quasi morta, le viene quasi un colpo,
quando si sente dire che il suo amante è così lontano da lei;
ed ancora di più ascoltando che il suo amore si trova in pericolo,
se non dovesse arrivare un rimedio efficace e rapido:
ma la benigna maga la conforta,
e subito pone il medicamento la dove serve, dove il dolore è pungente,
e le promette e le giura, in pochi giorni,
di riuscire a fare in modo che Ruggiero possa tornare a guardarla.
47
Disse la maga: “Dal momento che, donna, hai con te l’anello magico,
che si oppone ad ogni possibile incantesimo, rendendolo vano,
io non ho nessun dubbio che se io lo portassi
là, dove Alcina ti sottrae ogni tuo bene,
potrei rendere vano ogni sua intenzione, e con me
poteri riportare indietro l’uomo amato per cui tanto ti affanni.
Partirò questa sera alla prima ora della notte,
e sarò in India al sorgere del sole.”
48
E proseguendo, le raccontò il modo
in aveva pensato di adoperare quell’anello,
per sottrarre al regno effeminato e molle di Alcina
il caro amante, e ricondurlo in Francia.
Bramante si sfilò quindi l’anello dal dito;
avrebbe voluto dare non solo quello,
ma avrebbe dato anche il proprio cuore e la propria vita
se solo avessero potuto essere d’aiuto Ruggiero.
49
Le dà l’anello magico e le si raccomanda;
ma più le affida la protezione del suo Ruggiero,
a quale tramite lei manda mille saluti:
infine prese un sentiero verso la Provenza.
La maga proseguì lungo un’altra direzione;
e per poter mettere in pratica le proprie intenzioni,
alla sera fece apparire un destriero
che aveva un piede rossa ed ogni altra parte del corpo nera, simile ad un demonio.
50
Credo fosse un diavolo Alchino o un diavolo Fanfarello,
che dall’inferno fu evocato sulla terra sotto quelle sembianze;
e poco vestita e scalza montò sopra a quel cavallo,
con il capelli sciolti ed orribilmente sparsi:
ma si levò a buon ragione l’anello dal dito,
così che non potesse annullare i propri incantesimi.
Dopo di che partì con una tale fretta, che la mattina seguente
si trovò sull’isola di Alcina.
51
Giunta lì si trasformò in maniera incredibile:
crebbe più di un palmo in altezza,
e l’intero corpo si fece più grosso in proporzione alla nuova altezza;
e si porto giusta giusta in quella misura
che si poteva credere fosse il mago Atlante,
colui che aveva nutrito Ruggiero con così tanta cura.
Vestì la mascella con una lunga barba
e rese rugosa la fronte e tutte le altre parti del corpo.
52
In faccia, nel parlare e nelle sembianza
lo seppe tanto imitare, riprodurre, che per ogni suo aspetto
poteva sembrare l’incantatore Atlante.
Quindi si nascose e rimase a studiare a lungo la situazione,
fino a che da Ruggiero vide finalmente
un giorno allontanarsi l’amante Alcina:
e fu una grande fortuna; perché di stare o di andare in giro
senza di lui, anche per una sola ora, era per lei difficile da sopportare.
53
Lo trovò solo, così come aveva voluto,
che si godeva il fresco e sereno mattino
lungo un bel fiume che scorreva da un colle
verso un laghetto limpido e piacevole.
Le sue vesti, raffinate ed effeminate,
lasciavano trasparire l’ozio e di lussuria nelle quali si trovava,
vesti che con le sue mani, con seta ed oro, gli
aveva tessuto Alcina con minuzioso lavoro.
54
Uno splendido gioiello adornato con ricche gemme
gli scendeva dal collo fino in mezzo al petto;
ed allo stesso modo per niente virile,
al braccio portava un lucido bracciale.
Un sottile filo d’oro gli forava
entrambe le orecchie, formando un piccolo anello;
da questi due anelli pendevano quindi due grandi perle,
simili alle quali non poterono essere viste mai né dagli Arabi de dagli abitanti dell’India.
55
Portava capelli acconciati in forma d’anello ed inumiditi
con gli unguenti profumati più preziosi:
tutto nei suoi gesti emanava amore, come
se si trovasse a Valenza e fosse abituato a servire donne:
non vi era in lui nulla di sano ad eccezione del nome;
tutto il resto era corrotto e molto più che marcio.
Ruggiero venne ritrovato da Melissa in questo stato, così
tanto cambiato, per incantesimo, rispetto alla sua natura originale.
56
La maga si mostra a Ruggiero nella forma del mago Atlante,
avendone assunto le sembianze,
con quella faccia severa e degna di venerazione
che Ruggiero era sempre solito riverire,
con quell’occhio pieno d’ira e minaccioso
che aveva tanto temuto sin da quando era stato ragazzo;
si mostra dicendo: “Questo è quindi il frutto
del mio sudore, della fatica fatta per allevarti, che per così tanto tempo ho atteso?
57
Con midollo sia di orsi che di leoni
ti ho offerto un tempo i primi tuoi alimenti,
all’interno di caverne ed orribili burroni ti ho
abituato a prendere per il collo i serpenti,
a disarmare le pantere e le tigri strappandole gli artigli,
ed ai cinghiali ancora vivi strappare a volte i denti,
tutto questo affinché, dopo tanti duri insegnamenti,
tu diventassi l’Adone o l’Atide, l’amante, di Alcina?
58
Questo è ciò che l’osservazione delle stelle,
le sacre viscere degli animali sacrificati, i magici disegni geometrici,
i responsi degli oracoli, i voli degli uccelli, l’interpretazione dei sogni ed ogni altro
tipo di sortilegio, nei quali ho troppo consumato i miei anni di studio,
mi avevano promesso riguardo alla tua sorte sin dalla tua primissima infanzia,
quando fosse giunta questa età della tua vita:
che con le armi in pugno le tue imprese avrebbero dovuto essere tanto illustri, famose,
e che lo sarebbero state altrettanto anche senza armi?
59
Questo è sicuramente un ottimo inizio
sulla base del quale si può ben sperare che tu possa presto diventare
un condottiero alla pari di Alessandro Magno, di Giulio Cesare, di Scipione!
Chi poteva saperlo, povero me! Chi avrebbe mai potuto credere di te ciò che vedo,
che saresti diventato schiavo di Alcina?
E perché chiunque lo possa vedere chiaramente,
al collo ed alle braccia hai la catena
con la quale lei ti porta in giro completamente sottomesso ai suoi voleri.
60
Se non ti smuove da questa situazione il tuo amor proprio,
né le opere eccelse che ti sono state destinate dal cielo,
perché però privi ingiustamente i tuoi discendenti
di tutto quel bene che più di mille volte io ti ho predetto?
Deh, perché lasci sterile, chiuso, il ventre di Bradamante,
nel quale il cielo vuole che sia da te concepita
la prole, destinata a gloria certa ed a poteri sovraumani,
che è destinata ad essere per il mondo una luce guida più chiara di quella del sole?
61
Non impedire che le anime più nobili,
tra quelle che sono state create nelle idee eterne,
possano ricevere un corpo umano, di generazione in generazione,
dal quella stirpe che deve avere in te il suo principio!
Non impedire, con il tuo comportamento, i trionfi e le vittorie
grazie alle quali, dopo aver subito duri danni e tristi ferite,
i tuoi figli, i tuoi nipoti ed i loro successori
faranno tornare l’Italia allo splendore iniziale!
62
Non che a spingerti ad abbandonare la corte di Alcina
dovessero essere necessario tutte queste nobili anime,
che oneste, famose, nobili, sempre vittoriose e sante
sono destinate a fiorire dal tuo albero fecondo, a discendere dalla tua stirpe;
ma dovrebbero bastarti solo due di loro:
il cardinale Ippolito e suo fratello, Alfonso d’Este; che come loro, pochi il mondo
ne ha visti fino ai giorni d’oggi,
qualunque sia il grado di virtù che si voglia prendere in considerazione.
63
Ero solito raccontarti più di queste due anime
di quanto facessi con tutte le altre messe insieme;
in quanto essi otterranno i gradi più alti,
di qualunque altro tuo discendente, nelle virtù più illustri;
in quanto quando ti parlavo di loro vedevo che prestavi
maggiore attenzione, più di quanta ne mostravi per qualunque altro tuo discendente:
Vedevo che gioivi, godevi, del fatto che simili eroi
dovessero essere tuoi nipoti.
64
Che cosa ha questa donna, che hai fatto tua regina,
che non abbiano mille altre meretrici?
Questa donna è un concubina di molti uomini,
e sai molto bene quanto sia in grado di soddisfarli.
Ma affinché tu ti possa rendere veramente conto di chi sia Alcina,
rimovendo i suoi inganni ed i suoi incantesimi,
tieni al dito questo anello e torna da lei,
così che potrai vedere quanto sia bella nella realtà.”
65
Ruggiero rimaneva muto e vergognoso
guardando a terra a testa bassa, senza sapere bene cosa dire;
la maga gli mise al dito mignolo
l’anello magico e lo fece subito rinsavire.
Non appena Ruggiero tornò in sé,
si vide assalire da una senso di umiliazione, di vergogna, tale
che avrebbe voluto trovarsi sottoterra
piuttosto che poter essere visto da qualcuno in faccia.
66
Al suo aspetto originale, in un solo instante,
la maga ritornò mentre continuava a parlare a Ruggiero;
non aveva più bisogno di assumere le sembianze del mago Atlante,
avendo ormai raggiunto lo scopo per il quale era andata lì.
Per dirvi ora ciò che prima non vi ho detto,
è Melissa il nome di questa maga,
che diede a Ruggiero, mostrando le proprie sembianze, l’immagine reale di sé stessa,
e gli disse anche per quale scopo era venuta da lui;
67
gli disse che era stata mandata da quella donna, che, piena d’amore per lui,
continuava a desiderarlo e non poteva ormai più stare senza di lui,
con l’obiettivo di liberarlo da quella catena
con cui lo cinse la forza dell’incantesimo:
ed aveva quindi assunto le sembianze del mago Atlante
per poter essere da lui più facilmente creduta.
Ma adesso che lo ha fatto ormai rinsavire,
gli vuole rivelare e far sì che veda tutte le cose nella loro veste reale.
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“Quella donna nobile che tanto ti ama,
quella che sarebbe degna di essere da te amata,
alla quale, se ti è possibile ricordarlo, tu sai bene quanto
debba la tua libertà, quanto sia in debito con lei la tua libertà, da lei salvata;
questo anello, che pone rimedio ad ogni incantesimo, rendendolo vano,
ti manda: ed allo stesso modo ti avrebbe mandato anche il suo cuore,
se il suo cuore avesse avuto il potere,
quanto ne ha l’anello, necessario alla tua salvezza.”
69
Melissa proseguì quindi raccontandogli dell’amore
che Bradamante ha nutrito e nutre ancora nei suoi confronti;
lodò quindi anche il suo valore,
come è giusto che sia se si vuol dire il vero e per affetto nei confronti di lei;
ed usò con Ruggiero i modi e le parole migliori
che convengano ad un messaggero avveduto, astuto e cauto:
e fece sì che Ruggiero provasse nei confronti di Alcina un odio tale,
che solo per le cose più orribili si è soliti provarlo.
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Gliela fece odiare tanto quanto
prima l’amava: e non vi sembri cosa strana,
dal momento che l’amore provato per Alcina era imposto da un incantesimo,
che ora, avendo l’anello al dito, veniva annullato.
L’anello rese anche evidente che tutto ciò che di
bello aveva Alcina era completamente falso:
tutto falso, estraneo a lei, non suo, dal piede fino alla punta della treccia;
sparì la bellezza e rimase solo la feccia.
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Come un fanciullo che lascia in giro un frutto maturo
e poi si scorda dove lo ha messo;
dopo molti giorni ricapita
in quel punto e per caso ritrova ciò che aveva lasciato,
e si sorprende di vederlo completamente
marcito e guasto, non nella condizione in cui l’aveva lasciato;
e mentre prima era solito amarlo ed averlo caro,
adesso lo disprezza, ne ha schifo e lo getta via:
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allo stesso modo Ruggiero, dopo che Melissa fece in modo
che potesse tornare a vedere la maga Alcina,
con quell’anello dinnanzi a cui non è possibile,
quando viene infilato al dito, usare incantesimi,
ritrova, contro ogni sua aspettativa, invece
della bella donna che aveva lasciato poco prima,
una donna tanto orribile che su tutta la terra
non ne esisteva una più brutta e più vecchia di lei.
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Pallido, rugoso e smunto era
il viso di Alcina, pochi e bianchi i suoi capelli,
di statura non raggiungeva sei palmi di altezza:
ogni dente della bocca era già caduto;
più di Ecuba, più della sibilla Cumana
e più di chiunque altro aveva vissuto, non aveva eguali per età.
ma tanto abilmente sapeva usare le arti magiche, sconosciute al nostro tempo,
da riuscire ad apparire bella e giovane.
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Appariva bella e giovane grazie agli incantesimi,
tanto che molti altri uomini aveva ingannato, così come fece con Ruggiero;
ma l’anello giunse ora a rivelare la verità, il suo vero aspetto,
che per molti anni era stato nascosto dietro ad un incantesimo.
Non è quindi un miracolo il fatto che si allontanò
dall’animo di Ruggiero ogni possibile pensiero
che aveva di amare Alcina, adesso che se la trova davanti
in una condizione in cui nessun suo inganno può venirle in aiuto.
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Ma come lo aveva avvertito di fare Melissa, rimase
senza far trasparire le proprie emozioni,
finché con le sue armi, abbandonate e dimenticate per più giorni,
non si fu vestito da capo a piedi;
e per far sì che ad Alcina non facessero sorgere sospetti,
finse di voler vedere se con esse addosso potesse risultare aitante, desiderabile,
finse di voler vedere se gli andavano ancora bene, se non era ingrassato,
dopo alcuni giorni in cui non le aveva mai avuto indosso.
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Si mise quindi al fianco Balisarda
(questo era il nome della sua spada magica, fabbricata per uccidere Orlando);
e prese anche lo scudo magico di Atlante,
che non solo era in grado di abbagliare gli occhi,
ma faceva anche venir meno l’anima, tanto
che poteva sembrare essersi staccata dal corpo.
Lo prese e, con il drappo di seta in cui l’aveva trovato
completamente avvolto, se lo mise al collo.
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Andò nella stalla e fece mettere briglia e sella
ad un destriero più nero della pece:
questo gli aveva detto di fare Melissa; poiché lei sapeva
quanto quel cavallo, che nella corsa sfiorava il terreno, fosse veloce.
Chi conosceva quel cavallo lo chiamava Rabican;
ed è proprio quel cavallo che insieme ad Astolfo,
che ora, trasformato in pianta, è oggetto di gioco da parte del vento in riva al mare,
fu portato in quel luogo da una luce abbagliante..
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Poteva allo stesso modo scegliere e prendere l’Ippogrifo,
che stava legato vicino a Rabican;
ma la maga gli aveva detto: “Ricordati bene
che l’Ippogrifo è (come ben sai) troppo disubbidiente al freno.”
E gli promise quindi che il giorno seguente
l’avrebbe liberato da quella condizione, l’avrebbe portato via dall’isola di Alcina,
per portarlo là dove sarebbe stato poi comodamente istruito
su come governarlo con il freno e condurlo quindi in ogni luogo.
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Non avrebbe fatto così sorgere alcun sospetto, non prendendo l’Ippogrifo,
che stava progettando quella fuga segreta.
Ruggiero fece tutto quello che Melissa aveva voluto, poiché
le sue parole gli giravano continuamente per la testa, come se lei fosse, invisibile, al suo fianco.
Facendo così finta, abbandonò infine il lussurioso e fiacco
palazzo di quella vecchia meretrice;
e si avvicinò quindi ad una porta
dalla quale partiva la via che l’avrebbe portato da Logistilla.
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Assalì i guardiani all’improvviso,
buttandosi in mezzo a loro con la spada in pugno,
alcuni li lasciò a terra feriti ed altri li uccise;
corse fuori dal ponte a tutta velocità:
e prima che Alcina potesse accorgersi degli avvenimenti,
Ruggiero era già molto lontano.
Dirò nel prossimo canto quale via seguì;
e come infine raggiunse Logistilla.