Il castello dell’Innominato domina una valle impervia e può essere raggiunto solo da un lungo sentiero ripido e serpeggiante, esposto agli sguardi dei bravi in ogni suo punto. Il luogo stesso rende quindi il palazzo praticamente irraggiungibile da chi non è desiderato; di fatto solo i suoi amici ed i suoi uomini osano avventurarsi fin lassù.
Don Rodrigo giunge con il suo seguito di bravi all’imbocco del sentiero, dove si trova una taverna che ha per insegna un sole ma viene chiamata della Malanotte, e fa in pratica da posto di guardia. Un ragazzaccio armato di tutto punto accoglie il signorotto e ne annuncia la presenza ai bravi che si trovano all’interno. Don Rodrigo, saputo che il potente signore si trova a palazzo, depone le proprie armi e prosegue il viaggio a piedi con il solo Griso.
Giunti al palazzo, accompagnati da un bravo del luogo, il Griso rimane alla porta mentre Don Rodrigo, di stanza in stanza, ognuna piena d’armi e con bravi di guardia, viene condotto dal signore del castello. L’innominato è un uomo sulla sessantina; le sue mosse, i suoi atteggiamente ed il suo luccicare degli occhi mostravano però una forza d’animo e di corpo che sarebbe stata straordinaria anche in un giovane. Don Rodrigo racconta l’impegno preso, nel quale era in gioco il suo onore, e chiede quindi l’aiuto dell’uomo esagerando con astuzia le difficoltà dell’impresa: a Monza, in un monastero, con la protezione della signora… L’Innominato non esita ad accettare sapendo di poter usufruire dell’aiuto di Egidio, il signorotto senza scrupoli coinvolto nella relazione con Gertrude. Non appena rimane solo, l’uomo però si indispettisce per la parola data. La profonda solitudine, i numerosi delitti del passato che affollano la sua memoria, il sentirsi oramai vecchio e vicino alla morte, e la crescente convinzione dell’esisitenza di Dio e dell’inevitabile adempimento della sua parola, contribuiscono a smuovere la coscienza del tiranno, che prova ora orrore e rimorso per ogni azione scellerata commessa. Per evitare ripensamenti, l’Innominato ordina subito al Nibbio, uno dei suoi bravi più fidati, di raggiungere Egidio e chiedergli di compiere l’impresa. Il bravo fa ritorno poco dopo con la risposta positiva dell’uomo, ed il potente signore invia nuovamente il Nibbio a Monza con una carrozza ed altri due bravi al seguito.
Sfruttando la sua relazione scandalosa con Gertrude, Egidio ottiene l’appoggio della monaca, che, terrorizzata dalla richiesta, dopo i primi tentativi inutili di sottrarsi all’impegno non riescì però infine ad evitarlo. Gertrude, spingendo il tasto della riconoscenza personale, convince Lucia a compiere una impresa pericolosa per farle un favore da tenere segreto: lasciare di nascosto il convento ed avventuarsi in una città sconosciuta per andare a chiedere udienza al frate guardiano. Mentre la giovane sta attraversano una strada solitaria, con la scusa di chiederle la via per Monza, viene avvicinata dai bravi e quindi costretta con la forza a salire sulla carrozza per essere subito condotta, a tutta velocità, al castello dell’Innominato. Durante tutto il triste viaggio i tentativi del Nibbio di rassicurare le giovane risulteranno inutili, così come lo saranno le preghiere di lei per essere lasciata libera. Lucia perderà anche più volte i sensi, tanto da spingere i bravi a temere per la sua morte.
L’Innominato aspetta nel palazzo l’arrivo dei suoi bravi. L’uomo è inquieto, terrorizzato inaspettatamente da quella sua nuova crudeltà. Vedendo la carrozza che si avvicina alla taverna della Malanotte, l’uomo è anche tentato di sbarazzarsi rapidamente di Lucia, la giovane che gli dà tanta noia, e di farla condurre direttamente da Don Rodrigo. Ma un no imperioso della sua coscienza gli impedisce di prendere la strada più semplice. L’Innominato chiama una vecchia serva, cresciuta in quel castello e quindi totalmente assuefatta alla crudeltà dei suoi abitanti, e le ordina di andare incontro alla carrozza per fare compagnia alla giovane e cercare di darle coraggio.
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