Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato
Parafrasi:
Di queste case
è rimasto
solo qualche maceria
Di tanti compagni d’armi
che condividevano la mia stessa sventura di soldato
non è rimasto
neanche quello
Ma il mio cuore
conserva la memoria di ognuno di loro
È il mio cuore
il paese più straziato [dal dolore e dalla guerra]
Analisi:
La forma e lo stile. San Martino del Carso è tra le liriche ungarettiane che hanno subito più rimaneggiamenti: la versione definitiva che conosciamo sottrae ben otto versi all’originale del 1916 e costruisce una perfetta simmetria tra le prime due quartine e i due distici finali. Il sapiente uso del parallelismo, scandito dal “Di” iniziale delle prime due strofe e dall’epifora “cuore” al primo verso dei due distici, e le relazioni strutturali e semantiche tra le quattro strofe conferiscono alla poesia una misura quasi classica.
I temi. La poesia dà una descrizione desolata del piccolo borgo dopo il cannoneggiamento. Ungaretti imbastisce una straordinaria simmetria tra i resti del paese e la morte dei compagni, in un serrato confronto tra il paesaggio e l’essere umano, come consuetudine consolidata all’interno del Porto sepolto. A quel poco che resta delle abitazioni corrisponde il nulla dei compagni d’armi del poeta, che vive quindi due volte la pena della perdita. I soldati caduti sono stati letteralmente dilaniati dalla ferocia della guerra, al punto che di loro non è rimasto nulla, quindi non è nemmeno possibile dare sepoltura ai loro corpi. Tocca quindi al poeta stesso farsi carico non solo del dolore, ma della memoria dei caduti, al punto che il suo cuore diventa una sorta di ossario dove nessuna croce manca, un luogo della memoria intimo e personale che sopperisce alla mancanza di un sacrario dove piangere i defunti.