Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
Questi sono
I miei fiumi
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
Parafrasi:
Mi reggo a quest’albero mozzato
rimasto solo in quest’avvallamento
che comunica la stessa malinconia e sensazione di vuoto
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e osservo il passaggio lento
delle nuvole che coprono la luna
Stamattina mi sono disteso
nel fiume che sembrava un’urna
e vi ho riposato
come fossi una reliquia
L’Isonzo scorrendo
mi ha levigato
come fossi un suo sasso
Mi sono rialzato
e me ne sono andato
barcollante come un acrobata
sull’acqua
Mi sono accovacciato
vicino ai miei vestiti
sporchi di guerra
e come un beduino
mi sono chinato [pregando]
per salutare l’arrivo
del sole
Questo è l’Isonzo
e qui mi sono sentito
immerso nell’immensità
dell’universo, benché sia solo una piccola e insignificante parte di esso
Il mio tormento maggiore
è quando
non mi sento in armonia
con esso
Ma l’energia misteriosa
della natura
che mi penetra
mi dona
una felicità
rara
Ho passato in rassegna
le stagioni
della mia vita
Questi [che scorrono nella stessa acqua dell’Isonzo] sono
i miei fiumi
Questo è il Serchio
che ha dato acqua
forse da duemila anni
ai miei antenati, gente di campagna,
e a mio padre e mia madre
Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
pieno di vitalità
nelle sue estese pianure
Questa è la Senna
e nelle sue acque torbide
ho raggiunto la maturazione
e trovato la mia strada
Questi sono i miei fiumi
che mi ritornano alla memoria attraverso l’Isonzo
Questa è la mia nostalgia
che riaffiora dalla memoria di ognuno di essi
ora che è notte
e che la mia vita mi sembra
buia come avvolta
nelle tenebre.
Analisi:
La forma e lo stile. I fiumi è la poesia più lunga del Porto sepolto, sebbene ricalchi l’assetto frammentario delle liriche della raccolta e presenti versi brevi, mai superiori all’endecasillabo. Si caratterizza per l’impiego frequente di ardite analogie e la ripresa anaforica dei dimostrativi questo/questa/questi nelle strofe conclusive che rafforzano ‘’identificazione del poeta con i “suoi” fiumi, la natura e l’universo.
I temi. È una delle poesie chiave della raccolta, scritta in un momento di relativa quiete che consente al poeta di ripercorrere le epoche / della [sua] vita. Lo spunto è l’immersione, al chiaro di luna, nelle acque dell’Isonzo, fiume al centro di sanguinose battaglie tra gli eserciti italiano e austriaco. Il bagno assume tuttavia i tratti tipici di un lavacro rituale, grazie al quale il poeta si purifica dalle scorie della guerra per presentarsi immacolato all’eventuale appuntamento con la morte (mi sono disteso / in un’urna d’acqua / e come una reliquia / ho riposato). Spesso Ungaretti nelle liriche del Porto sepolto attribuisce al paesaggio devastato dalla guerra aggettivi che solitamente dovrebbero essere riferiti all’uomo e al corpo umano: nei Fiumi fin dal primo verso uomo e natura si sovrappongono (l’albero è mutilato) per dare vita a un crescendo di identificazioni. Infatti la lunga sequenza di paragoni tra il poeta e gli elementi della natura (come un suo sasso) e tra il poeta e figure simboliche che rimandano alla sfera della religione (come una reliquia, come un acrobata / sull’acqua, come un beduino) introduce l’analogia più rappresentativa della poesia e forse dell’intera raccolta: mi sono riconosciuto / una docile fibra / dell’universo, che armonizza l’uomo all’intero universo. Il tramite di questa fusione è il fiume e, nello specifico l’Isonzo, che consente al poeta, in un felice momento di armonia, di richiamare alla memoria tutti i fiumi che hanno caratterizzato i momenti salienti della sua vita: il Serchio in Toscana, che simboleggia le sue radici, il Nilo, nei pressi del quale ha vissuto gli anni della sua fanciullezza e giovinezza, la Senna, a Parigi, dove ha maturato la sua vocazione di poeta. La memoria diventa nostalgia di un passato irrecuperabile, ancora una volta al di là del tempo, specie nel drammatico momento della guerra che vede il poeta prigioniero di una vita che gli pare / una corolla / di tenebre.