Ogni giorno, dopo aver timbrato l’uscita dall’ufficio alle diciotto, attraverso il corso e raggiungo la fermata dell’autobus. Di solito ne passano parecchi a quell’ora e qualche volta anche uno in fila all’altro.
Ieri sera, per esempio, è stato così.
Allora ho deciso di salire sul mezzo che seguiva, immaginandolo più vuoto e quindi più confortevole.
In effetti è con facilità che ho trovato posto a sedere. Una volta partiti, mi sono dedicato alla contemplazione del panorama. Solitamente leggo qualcosa, un quotidiano, una rivista oppure, ma più raramente, un libro. Mi piacciono i romanzi gialli, gli unici in grado di tenermi incollato alla lettura. Altrimenti mi dimentico qualche pezzo e ogni volta devo rileggere pagine che avevo già letto. No, non sono un gran lettore. Però sono uno che si fa gli affari propri.
Giusto ieri pensavo a questo, uscendo dall’ufficio. Avevamo passato una giornata di noie a causa di parole incontrollate circolate tra i corridoi. Cose dette senza verificare davvero le informazioni, buttate lì a sproposito, per lo più. Certa gente parla solo perché ha la lingua in bocca. Ma forse bisognerebbe mozzargliela!
Meglio non dilungarmi in questi discorsi, d’accordo, ma qui si sappia soltanto che io sono uno che sta al proprio posto.
Pensavo a queste e altre simili cose, ieri sera, quando, dopo circa un’ora di tragitto verso la cintura della città, l’autobus era quasi del tutto vuoto. Poche persone, oltre me, hanno quindi visto salire questo quarantenne malconcio, con indumenti strappati e il viso scavato.
Son passati pochi minuti e il malridotto ha subito preso a lamentarsi a voce alta e a chiedere qualche moneta ai presenti. Lo ha fatto con poca cortesia, a dir la verità, ed è appunto per questo, immagino, che un anziano seduto due posti avanti a me l’ha redarguito: “Prima di tutto, lei dovrebbe rivolgersi agli altri con più gentilezza, maleducato!”. L’uscita del signore avanti di età è stata una sorpresa per molti, me compreso, abituati come siamo a starcene a mugugnare sulle cose della vita in silenzio.
Sono bastati pochi istanti, però, per risvegliare l’obiezione di una giovane donna, che verso l’anziano così si è espressa: “Prima di tutto, lei, signore, dovrebbe mostrare sensibilità per la sofferenza di questa persona!”.
Non nascondo che io per primo sono rimasto attonito, ma devo aver condiviso con altri lo stato d’animo perché di lì a un niente un tizio con una protesi al braccio sinistro ha ripreso la giovane donna: “Prima di tutto, mi scusi, è lei signorina a dover portare rispetto per una persona anziana!”.
La faccenda si è fatta seria in un attimo, non appena, cioè, una donna di colore con un piccolo bambino addormentato tra le braccia ha ricordato al signore con la protesi, articolando in questa lingua alla bell’e meglio: “Prima di tutto, lei si deve rivolgere a una donna con gentilezza!”.
Nessuno in effetti potrebbe dir contro alcunché, non fosse che un giovane salito da poco e sedutosi a pochi sedili dalla scena ha rimproverato la donna di colore: “Prima di tutto, signora, abbia pazienza, ma tenga in conto che il signore è portatore di un handicap!”.
Qui, ormai nel buio del tardo pomeriggio e ormai lontani dalle luci del centro città, una donna benvestita ha rimbrottato il giovane: “Prima di tutto, tu, ragazzo, mostra più tolleranza per persone di colore!”.
A quel punto, e mi sorprendo ancora adesso visto che sono uno che si fa i fatti propri, non mi sono più tenuto e d’impulso ho gridato al conducente dell’autobus: “Prima di tutto, scusi, signor autista, per favore fermi il mezzo che ho la nausea per tanta buona creanza!”.
Non è passato più di un secondo che all’unisono, tutti in coro, i passeggeri del mezzo mi rispondono: “Prima di tutto, lei dovrebbe sapere che è vietato rivolgersi al conducente!”.
Racconto di Alberto Robiati, www.albertorobiati.wordpress.com