Vi è mai capitato di confidare ad un amico un segreto chiedendogli di non dirlo a nessuno, ricevere da lui un solenne impegno con tanto di mano sul cuore, salvo poi scoprire che nel giro di pochi giorni tutti ne sono a conoscenza?
Capita anche spesso di ascoltare un segreto da un amico, essere noi a promettere solennemente di custodirlo con cura, riuscire a fatica a mantenere la parola data resistendo ad infinite tentazioni salvo poi esserne informati da terza persona… ma se era un segreto, perché si sa in giro senza che noi lo abbiamo detto a nessuno? Più che sorpresa, è risentimento quello che proviamo: abbiamo perso l’occasione di svelare qualcosa di interessante!
Mantenere i segreti, si sa, è cosa davvero impossibile. Lo stesso Alessandro Manzoni nel capitolo XI del suo capolavoro letterario I Promessi Sposi deve affrontare questa debolezza umana. L’occasione è buona per fornire una semplice spiegazione di quella che ne è la causa:
Una delle più gran consolazioni di questa vita è l’amicizia; e una delle consolazioni dell’amicizia è quell’avere a cui confidare un segreto. Ora, gli amici non sono a due a due, come gli sposi; ognuno, generalmente parlando, ne ha più d’uno: il che forma una catena, di cui nessuno potrebbe trovar la fine. Quando dunque un amico si procura quella consolazione di deporre un segreto nel seno d’un altro, dà a costui la voglia di procurarsi la stessa consolazione anche lui. Lo prega, è vero, di non dir nulla a nessuno; e una tal condizione, chi la prendesse nel senso rigoroso delle parole, troncherebbe immediatamente il corso delle consolazioni. Ma la pratica generale ha voluto che obblighi soltanto a non confidare il segreto, se non a chi sia un amico ugualmente fidato, e imponendogli la stessa condizione. Così, d’amico fidato in amico fidato, il segreto gira e gira per quell’immensa catena, tanto che arriva all’orecchio di colui o di coloro a cui il primo che ha parlato intendeva appunto di non lasciarlo arrivar mai. Avrebbe però ordinariamente a stare un gran pezzo in cammino, se ognuno non avesse che due amici: quello che gli dice, e quello a cui ridice la cosa da tacersi. Ma ci son degli uomini privilegiati che li contano a centinaia; e quando il segreto è venuto a uno di questi uomini, i giri divengon sì rapidi e sì moltiplici, che non è più possibile di seguirne la traccia.
Insomma, l’amico a cui confidiamo un segreto, quello che valutiamo essere una persona assolutamente fidata, quasi per certo avrà a sua volta un amico altrettanto fidato, ritenuto capace di mantenere il segreto appena ricevuto. Ma anche quest’ultimo avrà a sua volta un altro amico fidato, no? Si arriva così facilmente al punto in cui più di una persona è stata messa a conoscenza del segreto e quando due di queste, ritenuta ognuna a suo tempo fidata da un proprio amico, confrontandosi tra di loro scoprono di sapere già entrambe lo stesso segreto giunto fino a loro da diversa strada, il responso è sempre e solo uno: “..allora non è un segreto… si può dire!” E voi stessi ne sarete informati.