Luigi Pirandello

I grandi romanzi: Novelle per un anno Maschere nude
– IL FU MATTIA PASCAL
– UNO, NESSUNO E CENTOMILA

PirandelloLa coscienza della crisi novecentesca. Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1936) è unanimemente considerato tra i maggiori scrittori e drammaturghi europei del Novecento. Nella sua opera narrativa e teatrale convergono i tratti più rappresentativi e innovativi della scrittura novecentesca: l’approfondimento dell’interiorità del personaggio, l’abbandono del narratore onnisciente, il monologo interiore, la dilatazione del tempo soggettivo a scapito di quello esteriore e oggettivo, l’innesto della disquisizione filosofica e analitica sul narrato, la sovrapposizione/confusione tra realtà e rappresentazione… quei tratti, insomma, che hanno radicalmente trasformato il romanzo e il dramma e che hanno fatto deflagrare i generi tradizionali. Con i suoi scritti, Pirandello ha saputo dare voce a quella coscienza della crisi che ha attraversato l’intero secolo, ponendo al centro della sua scrittura e della sua riflessione il dubbio e il relativismo, unici strumenti per indagare l’uomo nella sua pienezza e per smascherarne l’ipocrisia e l’adesione acritica alle convenzioni sociali. Ciononostante lo sguardo di Pirandello non è mai freddo e giudicante, ma si fa partecipe dei drammi dei suoi personaggi e, in una misura universale, dell’uomo trovatosi solo e incompreso di fronte alla complessità del reale. È stato premio Nobel nel 1934.

L’identità molteplice e l’epifania. Tratto distintivo di tutte le opere pirandelliane è la dicotomia, la divisione tra vita e forma, tra la magmatica interiorità dell’uomo e il suo ruolo all’interno della società. Per Pirandello è del tutto inutile tentare di definire l’identità di un essere umano, perché quest’ultima è sempre in movimento e in perenne metamorfosi. Poiché la vita è un flusso incontrollabile e caotico essa non può mai approdare a una forma definitiva, per quanto l’uomo e la società si sforzino di fissarne i termini. La realtà, gli accadimenti sono governati dal caso, la vita è un caos ribollente di possibilità e di sorprese, pertanto è impossibile individuare una volta e per sempre delle verità. Da queste premesse Pirandello porta alle estreme conseguenze le teorie relativiste che in quegli anni si andavano diffondendo in Occidente: per l’autore agrigentino la realtà è inconoscibile e ogni tentativo di interpretazione diventa vano. Per questa ragione l’uomo può solo vestire delle maschere che di volta in volta la società gli impone, diventando “prigioniero della forma”; in quei rari casi in cui l’uomo – per un’illuminazione della coscienza o per un inatteso evento epifanico, una rivelazione che ne sconvolge l’esistenza e innesca involontariamente una riflessione sulla vita – prende coscienza dell’inganno che sta vivendo, della maschera che sta indossando, si scopre nudo, un “forestiere della vita” e non gli resta che rifugiarsi nella fantasia più assurda e nella follia per vivere con distacco la realtà.

La riflessione e l’ossessione argomentativa. Nelle sue novelle (raccolte sotto il titolo di Novelle per un anno), nei romanzi e nei drammi teatrali (raccolti sotto il riuscitissimo titolo di Maschere nude) c’è sempre  un personaggio che vive questa epifania e, d’un tratto, si sente in dovere nei confronti del mondo e perfino del lettore di portare avanti la sua tesi sull’inganno della vita e di smascherare le convenzioni che regolano tutti gli istituti sociali, i valori, le ideologie della nostra esistenza, mostrandone la vacuità e la falsità. Quella di Pirandello è una vera e propria ossessione per l’argomentazione che riversa nei suoi personaggi: dal caso emblematico di Vitangelo Moscarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila (riassunto, analisi e commento al romanzo), occupato più a riflettere e a dimostrare le sue idee che non a raccontare la sua paradossale storia, ad altri personaggi collaterali, come Anselmo Paleari con le sue teorie sulla “lanterninosofia” e lo “strappo nel cielo di carta” ne Il fu Mattia Pascal (riassunto, analisi e commento al romanzo), è un pullulare di personaggi che si sforzano di spiegare il loro punto di vista, con una foga e una passione tale da renderli spesso pazzi agli occhi degli altri.

I casi paradossali e il ruolo del caso. La necessità di argomentare nasce dalla singolarità dei casi che rappresentano. Ognuno di quei personaggi ha vissuto delle esperienze inconsuete, al limite del paradosso, pertanto diventano delle figure esemplari dell’assurdità della vita, sempre e comunque dominata dal caso. Si pensi all’innesco della storia di Mattia Pascal, che creduto morto si inventa una nuova vita con la complicità di una fortunosa vincita al casinò: sono richiesti ben due casi straordinari per tessere una vicenda che gioca sul confine sottile tra verosimile e inverosimile. Per tratteggiare i personaggi delle sue novelle Pirandello attinge prevalentemente al mondo siciliano, sprofondato nel folclore e nella superstizione, da cui emergono casi strambi, per lo più di figure ai margini della società; nei romanzi e nel teatro invece l’attenzione si sposta maggiormente su figure appartenenti al mondo borghese, ma pur sempre caratterizzate da bizzarrie e da momenti epifanici che ne sconvolgono l’esistenza: l’intento è sempre quello di smascherare l’ipocrisia e la meschinità di un mondo artefatto. La straordinarietà degli eventi narrati nelle sue opere portò alcuni critici ad accusarlo di inverosimiglianza, costringendo l’autore a difendersi nella premessa all’edizione del 1921 de Il fu Mattia Pascal: Pirandello adduce come motivazione “i casi della vita” e la loro imprevedibilità, tanto che proprio qualche anno prima, a detta dell’autore, si era verificato un caso analogo a quello da lui narrato nel romanzo; in sintesi, l’assurdità e la mancata verosimiglianza sono il sale del romanzesco.

La poetica dell’“umorismo”. Nel saggio L’umorismo Pirandello delinea i termini di una poetica in merito alla propria opera e a quella di autori del passato. L’umorismo si distingue dal comico perché il suo fine non è unicamente quello di far ridere, ma di far riflettere, per cui l’effetto umoristico avviene in due momenti: il primo consiste nell’“avvertimento del contrario”, cioè quando ci mettiamo a ridere alla vista di una figura goffa e grottesca che tende a camuffare e a nascondere la propria realtà indossando una maschera (per esempio una donna anziana che si abbiglia con abiti giovanili per apparire più giovane); il secondo momento, quello che suscita invece riflessione, è il “sentimento del contrario”, cioè quando cominciamo a chiederci il perché quell’anziana signora porti quegli abiti. Il risultato è un riso amaro, un misto di comico e tragico, nato dalla congiunzione di due atteggiamenti opposti: da un lato il tentativo di smascherare una convenzione sociale, mostrandone l’artificio, dall’altro i sentimenti di comprensione e di pietà che si prova verso quella persona. Allo stesso modo i personaggi pirandelliani suscitano riso e riflessione, e lo stesso autore è ambivalente nei loro confronti, mostrandosi contemporaneamente poeta e critico, cinico e pietoso.