Titolo: Le vite di Monsù Desiderio
Autore: Fausta Garavini
Genere: Romanzo storico
Pagine: 324
Editore: Bompiani
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In breve:
François de Nomé, a lungo confuso con Didier Barra sotto il nome di Monsù Desiderio, è un pittore di catastrofi, di architetture fantastiche squassate da silenziosi cataclismi: cupole sventrate, tronchi di colonne infrante, pinnacoli pericolanti, frontoni e fregi spezzati. Sui basamenti, sulle cuspidi, sulle architravi, nei vani fra le colonne superstiti, delle statue fluorescenti,atteggiate in varie posture, sembra che guardino e si muovano, come le figure viventi scolpite da Dedalo o forgiate da Vulcano. Non sono le vedute di rovine fatiscenti e vellutate dei fiamminghi che lavoravano a Roma nel Seicento, né i più tardi ruderi romantici guarniti di capelvenere sotto cieli crepuscolari,ma visioni di crolli, allucinazioni apocalittiche. Scenari da incubo, sogni pietrificati, il gran teatro della morte e della notte. Quale maledizione spreme quel pennello? E poi figure di tori o buoi condotti al sacrificio, che spuntano con insistenza maniacale sugli ornati architettonici, sulle cornici, sui fastigi, nei rilievi e nei gruppi statuari a decorazione degli edifici rovinati. E ancora altri tori, non scopiti nella pietra ma vivi e vegeti, anche quelli sacrificandi, che transitano nei contesti più impensati come l’interno di una cattedrale dove si celebra il matrimonio della Vergine. Quadri invasi d’irrealtà, u tessuto di rebus, un intreccio di enigmi.
Il libro:
Il mistero circonda François de Nomé, detto Monsù Desiderio, uno straordinario pittore del Seicento. Ben poco si sa di lui: nato a Metz, in Lorena, visse in Italia, tra Roma e Napoli. Dipinse architetture fantastiche squassate da silenziosi cataclismi, abitate da statue spettrali che sembrano muoversi come figure viventi. Scenari da incubo, sogni pietrificati, il gran teatro della morte e della notte.
Su questi quadri densi di ambigue valenze Fausta Garavini costruisce il romanzo di Monsù Desiderio, disegnandone una possibile biografia. La difficile infanzia lorenese, poi l’adolescenza a Roma, dove impara la pittura, incrocia gli artisti del momento e partecipa alla variopinta e tumultuosa vita della città: conosce la corruzione della corte papale, il sesso, i bassifondi, le feste, i soprusi contro gli ebrei, le prediche infuocate dei frati contro le forze demoniache, ma orecchia anche i segreti che filtrano dai circoli ermetici in cui si riuniscono i seguaci di Bruno e Campanella. In questo clima eterogeneo e straniante s’insinua in lui la fascinazione per le antiche rovine, simbolo di una sofferta inclinazione a registrare i crolli interiori, il senso della vanità del tutto. Ventenne, si sposta a Napoli e altre esperienze lo segnano: l’amore per Isabella, l’incontro con lo scienziato, astrologo e “mago” Giambattista Della Porta, la miseria del popolo, le crudeltà del governo spagnolo. Ed ecco che i suoi quadri si caricano di celata rivolta, e l’elemento magico diventa forza visionaria, deformazione della realtà, capacità di dipingere non quello che si vede, ma quello che si intravede: il futuro di distruzione verso cui ogni cosa corre inesorabilmente. Non riuscirà a trovar pace il suo spirito inquieto. Il nuovo libro di Fausta Garavini racconta un secolo controverso, traboccante di violenza e di bellezza, percorso dai tormenti della fede e dai fermenti della nuova scienza. Umori e colori che ci vengono restituiti da una scrittura elegante, coinvolgente come il ricamo di uno splendido arazzo.