Titolo: La musica provata
Autore: Erri De Luca
Genere: Saggio
Pagine: 112
Editore: Feltrinelli
In breve:
Staffa è il nome del più leggero e piccolo osso del corpo umano. Sta nell’orecchio e dalla sua cavità passa il sonoro.
Altri ossicini accanto hanno nomi di arnesi: incudine, martello. L’ascolto è più officina che sala da concerto.
Poi il suono attraversa una serpentina di nome labirinto, trova l’uscita e arriva al cervello, fine della corsa.
L’ascolto è un’onda che non torna indietro.
Nel corso di lavori scassatimpani ho potuto isolarmi.
Nell’osso labirinto del mio orecchio vive un Minotauro che sbrana i frastuoni. Ma se una musica viene da fuori o da dentro, allora le lascia il passaggio, che vada a scorrazzare per il cranio.
Il libro:
Nel libro La musica provata, Erri De Luca condivide con il lettore la sua relazione intima con la musica. Non si parla solo della musica della scrittura, certo, ma anche della musica che si ascolta, che si canta, che colma le nostre giornate e scandisce i momenti della nostra vita.
Un albero può essere contato sui giri concentrici del tronco. Una persona può essere raccontata dai dischi, cd e supporti vari che hanno girato intorno al suo ascolto.
La “musica provata” da Erri De Luca comincia sui banchi del liceo con il celebre invito omerico alla musa “cantami o diva del pelide Achille”, con la Napoli delle canzoni ottocentesche, con Ciccio Formaggio, con le incisioni beethoveniane di Arturo Toscanini, e prosegue dentro i canti di Pete Seeger negli anni Sessanta, Il disertore di Boris Vian, le canzoni scritte o rimaneggiate insieme all’amico Gian Maria Testa, l’armonica di Mauro Corona. Ci sono poi le bombe di Sarajevo e la memoria dei canti della fatica, quelli legati alla terra, quelli legati al lavoro operaio, c’è la musica di Stefano Di Battista e la voce di Nicky Nicolai. C’è il Mediterraneo. C’è tutta una vita che prova a intonare la voce.
Un libro che non può che fare riflettere il lettore, che si fermerà per ripercorrere la sua di vita per vederla attraverso la sua di “musica provata”.
Molto suggestiva la considerazione dell’autore:
Sui cantieri all’aperto, sotto i neon di officina, in qualunque clima il corpo reagiva alla fatica con una risposta musicale. Sotto la direzione della macchina cuore/polmoni diventava orchestra.
Esiste una musica del corpo che esce dalle labbra senza scomodare l’intenzione.
Così come succedeva agli schiavi durante la raccolta del cotone, ai prigionieri nei lavori forzati delle prigioni, ai marinai nel momento di issare le vele, a chi non è mai capitato di intonare un canto in modo incontrollato? Un canto generato direttamente dal nostro corpo come sfogo ad uno stato di pressione. La risposta metabolica che ha permesso di ritornare ad avere il controllo del nostro respiro. Di amministrare al meglio la nostra energia. Mai capitato?