Un’alba come mai fu vista.
Una bimba venne fuori della nera capannetta, coi capelli arruffati sulla fronte e con un fazzoletto rosso-sbiadito in testa
Mentre andava bottonando la dimessa vesticciola, sbadigliava, ancora abbindolata dal sonno, e guardava: guardava lontano, con gli occhi sbarrati come se nulla vedesse.
In fondo, in fondo, una lunga striscia di rosso infuocato s’intrecciava in modo bizzarro col verde-smeraldo degli alberi, che a lunga distesa lontanamente si perdevano.
Tutto il cielo era seminato di nuvolette d’un giallo croceo, acceso.
La bimba andava sbadatamente, ed ecco… diradandosi a poco a poco una piccola collina che a destra s’innalzava le si sciorina davanti allo sguardo l’immensità delle acque del mare.
La bimba parve colpita, commossa dinanzi a quella scena, e stette a guardar le barchette che volavano su l’onde, tinte d’un giallo pallido.
Era tutto silenzio. – Aliava ancora la dolce brezzolina della notte, che faceva rabbrividire il mare, e s’innalzava lento, lento un blando profumo di terra.
Poco dopo la bimba si volse – vagò per quell’incerto chiarore, e giunta sull’alto del greppo, si sedette.
Guardò distratta la valle verdeggiante, che le rideva di sotto, ed aveva cominciato a cantilenare una delicata canzonetta.
Ma, ad un tratto, come colpita da un’idea, smise di cantare, e con quanta voce aveva in gola, gridò:
– Zi’ Jeli! Oh zi’ Jee…
E una voce grossolana rispose da la valle:
– Ehh…
– Salite su… ché il padrone vi vuole!…
Frattanto la bimba ritornava verso la capannetta, a capo basso. – Jeli era salito ancora sonnacchioso con la giacca sull’omero sinistro e la pipa in bocca – pipa, che sempre lasciava dormire tra i denti.
Appena entrato salutò papà Camillo, mentre Màlia, la figlia maggiore del castaldo, gli piantò in faccia due occhi come saette, da bucare un macigno.
Jeli rispose allo sguardo.
Era papà Camillo un mozzicone di uomo, grosso come una botte.
Màlia all’incontro aveva il volto d’una dama di Paolo Veronese, e negli occhi ci si leggeva chiaramente la beata semplicità del suo cuore.
– Senti, Jeli, – disse Papà Camillo, – prepara delle frutta, ché domani verranno i signori di città. – Buoni, sai!… se no.. Come è vero Dio!…
– Oh! sempre la stessa storia, – rispose Jeli, – e sapete voi che queste le son cose da dire… e poi… a me!…
– Intanto, – riprese papà Camillo – e prendendolo pel braccio lo portò fuori della capanna – intanto…, se un’altra volta ti viene il ticchio di… Basta. Tu mi capisci…
Jeli rimase come interdetto.
Papà Camillo scese per la valle.
Non si potea dar di meglio e il giovane saltò alla capannetta.
– Siamo perduti! – fece Màlia.
– Sciocca! – disse Jeli, – se non ci riesco con le buone…
– Oh! Jeli, Jeli che vuoi tu dire?
– Come, non mi comprendi? Fuggiremo.
– Fuggiremo? – disse la fanciulla, sorpresa.
– O…, – soggiunse Jeli – e si mise la falce lucente attorno al collo…
– Mio Dio ! – esclamò Màlia, come se un brivido le corresse per tutto il corpo.
– A questa sera, bada, a sette ore! – disse Jeli e sparì.
La fanciulla mandò un grido.
Abbuiava.
L’ora stabilita si avvicinava, e Màlia pallida, pallida, con le labbra come due foglioline di rosa secca, stava seduta dinanzi alla porta.
Guardava il piano verdeggiante che si inondava di buio – e quando lontanamente la squilla del villaggio suonò l’Ave, pregò anche lei.
E quel silenzio solenne, parve divina preghiera di Natura!
Dopo lungo aspettare Jeli venne. Questa volta avea lasciato la pipa, ed era un poco acceso e molto risoluto.
– Così presto? – disse Màlia tremante.
– Un quarto prima, un quarto dopo, è sempre tempo guadagnato – rispose Jeli.
– Ma…
– Santo diavolo! mi pare tempo di finirla con questi ma… Non sai tu, cuor mio, di che si tratta?…
– Lo so bene! lo so tanto bene… – s’affrettò a rispondere Màlia, che non poteva adattarsi a quella sconsigliata risoluzione.
Frattanto un fischio lontano avvertì Jeli che la vettura era pronta.
– Su via! – disse; – Maliella mia, coraggio! È la gioja che ci chiama…
Màlia mandò un grido – Jeli la prese per il braccio e di corsa…
Come pose il piede nella carretta – A tutta furia! – gridò.
I due giovani si strinsero e si baciarono con libertà per la prima volta.
A nove ore papà Camillo ritornò dalla valle e fischiò potentemente.
Venne la bimba in fretta e prima che fosse giunta:
– Dove è Jeli? – le domandò; – hai tu veduto Jeli?
– Padrone!… padrone!… – rispose quella con voce ansante, soffocata.
– Che cosa vuoi tu dirmi? Mummietta! – ruggì papà Camillo.
– Jeli… è fuggito… con Maliella…
…
E un suono rauco… selvaggio fuggì dalla strozza di papà Camillo.
Corse… volò alla capanna: prese lo schioppo e fece fuoco in aria. La fanciulla guardava tramortita.
Era uno spettacolo strano la collera pazza di quell’uomo. Un riso frenetico scattò dalle sue labbra e si perdé in un rantolo strozzato. – Non sapea più quel che si faceva… E fuori di sé appiccò il fuoco alla capannetta come per distruggere ogni cosa che gli parlava di sua figlia. – Poi di corsa furiosa, con lo schioppo in mano, via per il viale, dove forse sperava trovare gli amanti.
Per la lugubre sera salivano al cielo sanguigne quelle lingue di fuoco…
Fumava la nera capannetta, fumava crepitando, come se col lento scoppiettio volesse salutare la bimba, che pallida, inorridita, con gli occhi fissi la guardava.
Pareva che tutti i suoi pensieri seguissero la colonna di fumo, che s’innalzava dalla sua modesta dimora…
Fumava la nera capannetta, fumava crepitando, e la bimba stette muta a riposar gli sguardi sulla cenere cupa.