Fernanda è uscita in anticipo dal negozio chiedendo un permesso speciale, perché oggi tocca a lei andare a prendere Niccolò all’asilo.
Questa materna è una struttura privata, di quelle che offrono parecchi servizi, come le babysitter a ore a domicilio, ma con l’inconveniente che l’edificio chiude alle quattro precise e se si tarda di qualche minuto si rischia di ritrovarsi il proprio figlio tutto solo sul marciapiede. Nella migliore delle ipotesi.
Nella peggiore delle ipotesi è invece passato di lì un malintenzionato, un pedofilo, un criminale, un prete o chissà che altro. E del tuo erede neppure l’ombra.
A Fernanda vengono i brividi soltanto a pensarci.
Per evitare complicazioni si è presentata davanti al cancello alle tre e venti. Uno dopo l’altro sono arrivati anche altri genitori.
Fernanda lavora nel negozio di abbigliamento, uno di più importanti del centro, fin dalla maggiore età. Ha preferito non iscriversi all’università, cercando invece presto un’indipendenza economica per andare a convivere con il suo Gianluca. Poi è arrivato Niccolò, che fra due mesi compirà quattro anni.
A venticinque anni Fernanda è la commessa più anziana in negozio ed è pure l’unica mamma.
Proprio grazie alla sua attività si è allenata “nell’ascolto in sottofondo”, come lo chiama lei. La cosa consiste nel buttare l’orecchio tra i discorsi dei clienti senza farsi coinvolgere. In piedi dietro il bancone china la testa leggermente in avanti fingendo di leggere qualcosa così che i capelli corvini le scivolino davanti agli occhi.
I clienti sono persone, soprattutto donne, che appena entrate alla vista di un commesso che si fa loro incontro si affrettano a giustificarsi: “Possiamo dare solo un’occhiata?”.
Come se Fernanda e i suoi colleghi fossero interessati davvero a star dietro le richieste di chi cerca l’abito che veste alla perfezione. Certamente no. E men che meno han voglia di fare conversazione.
Per Fernanda niente è meglio del tener d’occhio da lontanto le signore che si aggirano tra tailleur e pantaloni appesi senza muovere un dito, o le corde vocali, per interagire con esse.
Ama particolarmente ascoltare alla giusta distanza: “Come ascoltare la radio”, dice ai colleghi, “trasmettono un mucchio di sciocchezze e tu te ne freghi perché ti basta la compagnia senza impegno”.
Perciò quando un trio di signori, probabilmente tre giovani papà alla prese con il recupero del proprio piccolo all’asilo, si sono avvicinati al cancello, Fernanda ha assunto la consueta posizione a testa china e ha teso le antenne per captare qualche segnale e passare il tempo all’ascolto.
Uno dei tre uomini, l’ultimo giunto sul posto, ancora trafelato per una corsa in bici attraverso la città, dopo aver frettolosamente salutato gli altri due si è avviato all’angolo a comprare un panino: “Non ho fatto pranzo, torno subito. Se aprissero prima, per favore occupatevi di mia figlia. Grazie”.
Di ritorno dopo qualche minuto era già a metà di un grosso sandwich dal quale sbucava un pezzo di salsiccia.
“Ti tieni leggero, eh!”, ha scherzato uno degli altri due, il più alto e benvestito.
“Continua così”, fa l’altro in maglietta e abbronzato, “che altrimenti dopo la pedalata in bici rischiavi di tenerti in forma!”.
“Ragazzi, il sarcasmo vi ucciderà, come i grassi idrogenati dei vostri snack da manager rampanti!”.
I tre sghignazzano mentre Fernanda si è seduta sul muretto da cui diparte la ringhiera che circoscrive il cortile dell’asilo.
Attraverso le sbarre si vedono i bambini che giocano sul prato sotto l’occhio sorvegliante di due giovanissime educatrici.
Intanto il papà-manager abbronzato, gettando anche lui un’occhiata nel cortile, pone una delle classiche domande dei genitori: “Ehi, ma voi riuscite a dormire?”.
“Eh, il grande dilemma!”, risponde il padre ciclista con la salsiccia, “Con mia moglie sono discussioni continue”
“Il punto è: farla stare a letto con noi oppure no?”, chiede ancora il primo genitore.
“Secondo studi psicologici sarebbe meglio evitare di contaminare il letto coniugale”, spiega con tono sapiente quello alto, facendo le finte virgolette con le dita delle mani formulando l’espressione “letto coniugale”.
A Fernanda viene voglia di intervenire, raccontando la sua esperienza, ma qualcosa la trattiene. Il loro Niccolò è sempre stato un angioletto, addormentandosi teneramente nel proprio lettino senza troppe storie fin da piccolissimo. Preferisce quindi godersi la sua fortuna in silenzio, evitando di sbatterla in faccia ad altri che sono più in difficoltà.
“Un conto è durante la giornata, pur se con i suoi orari sballati. Che sia tarda mattina o pomeriggio non ci sono problemi a metterla nel lettone. Ma il gran casino è la notte!”, racconta l’abbronzato.
“Ci possono essere tutti gli studi che vuoi”, ammette il papà alto e benvestito, “però capisco chi fa diversamente”.
Poi, guardando verso il cortile, aggiunge: “Come fai a non portarla nel letto? Così piccola e carina!”
Anche gli altri sbirciano oltre la ringhiera: “Sì, è tenerissima!”, commenta quello con la salsiccia.
Fernanda si volta anche lei, prova a individuare le bambine di questi giovani papà.
C’è una piccola con i codini e l’abitino rosa che di tanto in tanto, mentre sale e scende dalla scaletta di un mini scivolo di plastica, saluta con la manina verso il cancello.
Un’altra con i riccioletti biondi pasticcia con i pennarelli su un foglio di carta. Forse sta facendo un disegno per il suo papà.
Assorta nella panoramica tra le piccole creature, Fernanda pensa quanto sia meravigliosa l’avventura umana della genitorialità. Ha di fianco tre uomini di cui si potrebbe dir tutto eccetto che siano sensibili e dolci, come invece sembra essere sentendoli parlare. “Wow!”, si emoziona tra sé e sé Fernanda, “Ora capisco perché Gianluca si presta così spesso a occuparsi delle faccende con l’asilo: ci sono tanti altri fantastici papà come lui qui!”.
Gli angoli della bocca scattano automaticamente all’insù e Fernanda si sorprende in un sorriso pieno d’amore.
Mancano ormai pochi minuti all’uscita dei bambini, il papà che ormai ha finito da un po’ il suo panino alla salsiccia si sbraccia per farsi vedere.
I bambini vengono accompagnati fuori dalle ragazze, che ora sono tre, alle due che sorvegliavano il cortile s’è infatti aggiunta Vanessa, la babysitter di Niccolò, che Fernanda conosce bene. Spesso, prima del rientro di Gianluca, verso le cinque e mezza, è lei a tenere il loro piccolo a casa, approfittando del servizio a ore offerto dall’asilo.
Fernanda adesso è in piedi che sorride da lontano a Niccolò, accompagnato per mano da Vanessa. Accanto, i tre uomini attendono le loro bambine.
Quello abbronzato rivolgendosi agli altri due rivela appena sottovoce: “Comunque io ho risolto con il camper”.
“Cioè?”
“Cioè mettiamo a nanna mia figlia e poi andiamo a farlo sul camper. Non intacchi il letto coniugale e usufruisci completamente del servizio a ore!”.
“Oggi da chi va Vanessa?”, chiede quello alto.
“Da me”, lo informa il ciclista della salsiccia. “Ma alle sei devo mandarla via, mia moglie fa orario d’ufficio, purtroppo”.
“Lo dicevo!”, commenta quello alto, “era meglio sposare una commessa. Fino alle sette e mezza non le vedi in casa e puoi gestirti tutti i servizi a ore che vuoi!”.
Racconto di Alberto Robiati, www.albertorobiati.wordpress.com