Parafrasi del Canto XV del Purgatorio – Dante e Virgilio raggiungono la scala che porta alla terza cornice, quella che accoglie gli iracondi. Durante la salita Virgilio spiega a Dante le parole di Guido del Duca e come l’invidia possa essere generata solamente dai beni materiali. Giunti infine in fondo alla scala, Dante ha la visione di due celebri esempi di benevolenza. I due poeti vengono poi raggiunti da un denso fumo che toglie loro la vista.
Leggi il testo del canto 15 (XV) del Purgatorio di Dante
Quanto tra la fine della terza ora, le ore 9,
e l’inizio del nuovo giorno, le ore 6, ci appare della sfera del sole,
che è solita scherzare, non stare mai ferma, come fanno i bambini,
tanto potevamo vedere essere rimasto allora, verso la sera,
al sole del suo corso giornaliero;
là nel Purgatorio era sera e qui in Italia invece mezzanotte.
Ed i raggi del sole ci colpivano proprio in pieno viso,
perché avevamo girato intorno al monte tanto
che stavamo a quel punto proseguendo dritti vero ovest,
quando mi sentii la fronte colpita
da una luce ancora più abbagliante di quella di prima, del sole,
e mi stupii di questo fenomeno perché non ne conoscevo l’origine;
sollevai perciò la mia mano a protezione degli occhi, fino alla
sommità delle mie ciglia, per farmi da riparo alla luce
e fare così diminuire una parte del suo eccesso.
Come quando dalla superficie dell’acqua o da quella di uno specchio
salta fuori, viene riflesso un raggio di luce
che riesce poi a risalire verso l’alto nella stessa misura
con cui era prima disceso verso il basso, e si allontana anche dalla linea
perpendicolare, di caduta di una pietra, tanto quanto aveva fatto prima,
come ci mostra sia l’esperienza di vita diretta che la scienza;
allo stesso modo mi sembrò allora di essere colpito
nel Purgatorio da una luce riflessa davanti a me;
perciò fui veloce a distogliere lo sguardo.
“Che cosa è quella luce, caro padre, contro la quale non riesco
a fare schermo al mio viso in modo efficace, tanto quanto vorrei,”
chiesi, “e che sembra anche venirci incontro?”
“Non ti meravigliare se vieni ancora abbagliato dalla luce emessa
dagli angeli, la famiglia del cielo”, mi rispose Virgilio, “perché quello
che vedi è infatti un messo inviato da cielo per invitare le anime a salire.
Accadrà presto che la vista di queste cose soprannaturali
non ti sarà cosa sgradita, ma sarà anzi per te un piacere tanto grande
quanto sei stato predisposto a provare dalla natura.”
Quando fummo infine giunti presso l’angelo benedetto, l’angelo di Dio,
con un tono gioioso lui ci disse: “Da questo punto potete salire
lungo una scalinata meno ripida delle due precedenti.”
Stavamo salendo, e ci eravamo anche già allontanati da lì,
quando sentimmo cantare “beati i misericordiosi”
alle nostre spalle, ed anche “Rallegrati tu che vinci sui peccati!”.
Io ed il mio maestro Virgilio eravamo gli unici
a salire lungo quella scala; ed io pensai, mentre preseguivamo il viaggio,
di trarre vantaggio, di ottenere conoscenza dalle sue parole;
e mi rivolsi quindi verso di lui per chiedergli: che cosa ha voluto
dire Guido del Duca, lo spirito proveniente dalla Romagna,
quanto ha parlato di “divieto” e di “consorte”?”
Perciò Virgilio rispose: “Del peccato più grave che ha commesso (l’invidia),
conosce molto bene quelle che sono le conseguenze; non ti supire perciò
se ce ne fa rimprovero perché ne abbiano meno gli altri uomini.
Perché i vostri desideri vengono sempre rivolti verso
cose che perderebbero di valore se fossero condivise, l’invidia
muove il mantice che soffia sul fuoco dell’animo umano, provocando sospiri.
Ma se l’amore dell’Empireo, della sfera superiore (il cielo più alto),
riuscisse a rivolgere a lui i vostri desideri,
voi uomini non avreste quella paura nel vostro cuore;
perché, quante più sono le anime che chiamano “nostro” quel piacere,
tanto più ciascuna riuscirebbe a possederne,
e tanto più sarebbe l’amore che arde in quel chiostro celeste.”
“Dopo questa tua risposta, io sento ancora più la necessità di sapere”,
dissi allora io, “di quella che avrei avuto se non ti avessi posto la
domanda, e la mia mente è ancora più affollata di dubbi.
Come può accadere che un bene, condiviso, suddiviso
tra più possessori, possa rendere le persone più ricche
di quanto potrebbero esserlo se invece fossere in poche a possederlo?”
E Virgilio mi rispose: “Dal momento che tu fissi
la tua mente solamente sulle cose terrene,
alla fine arrivi ad ottenere solo il buio dalla vera luce.
Quel bene infinito e impossibile da esprimere a parole
che si trova lassù in Cielo, raggiunge chi nutre amore nei suoi confronti
allo stesso modo in cui un raggio di luce raggiunge una superficie lucida.
Si offre alle anime in misura uguale all’ardore di carità che esse nutrono
verso di lui; così che, quanto più grande è questa carità,
tanto più aumenta sopra di essa l’eterno bene divino.
E quante più anime lassù nel Cielo si amano, più c’è la possibilità
che l’amore sia diretto verso il giusto bene, e più quindi si ama, e come
fossero specchi le anime si restituiscono l’un altra la propria luce d’amore.
Ma se la mia spiegazione no riesce a soddisfare la tua fame di conoscenza,
sappi che incontrerai Beatrice, e le ti toglierà completamente
questo e qualunque tuo altro dubbio, tuo desiderio di sapere.
Tu preoccupati solo che vengano presto cancellate dalla tua fronte,
come è già successo per due, le altre cinque ferite che ancora ti rimangono
e che possono rimarginarsi solo con la penitenza.”
Proprio nel momento in cui stavo per dirgli “Tu mi soddisfi”,
mi accorsi di essere infine giunto alla cornice successiva, la terza,
così che i miei occhi incuriositi mi fecero invece tacere.
La sopresa del luogo in cui mi trovai mi fece sembrare
di essere stato portato all’improvviso in una visione estatica,
e di vedere alcune persone riunite in un tempio;
ed una donna, all’ingresso dello stesso tempio, con un atteggiamento
che esprimeva un profondo amore materno dire: “Figlio mio,
perché ti sei comportato in questo modo nei nostri confronti?
Guarda come, pieni di dolore, sia io che tu padre ti abbiamo a lungo
cercato.” E non appena, terminata la frase, rimase poi in silenzio,
la scena che mi era apparsa poco prima alla fine scomparve.
Mi apparve poi un’altra figura femminile con le guancie rigate
dalle lacrime, quell’acqua che sgorga per il dolore
e quando si prova sdegno, disprezzo verso un’altra persona,
che diceva: “Se tu sei il signore di Atene,
la città il cui nome creò tanto disaccordo tra gli dei,
e dalla quale si diffonde lo splendore di ogni forma di conoscenza,
allora vendica, Pisistrato, l’arroganza di quel giovane
che osò abbracciare nostra figlia.” E l’uomo
al quale erano rivolte queste parole mi apparve, calmo e benevolo,
risponderle con espressione serena:
“Che saremmo disposti a fare a chi ci odia,
se siamo disposti a condannare chi al contrario ci ama?”
Vidi poi delle persone accese, animate dal fuoco dell’ira,
uccidere un ragazzo a colpi di pietre, gridando forte
l’uno l’altro: “Ammazzalo, ammazzalo!”
E vedevo anche il giovane chinarsi verso terra,
a causa della morte che già gli appesantiva il corpo,
ma con gli occhi tenuti sempre bene aperti verso il cielo,
pregando Dio, il supremo signore, mentre veniva ucciso,
affinché perdonasse i suoi persecutori, con una espressione del viso
capace di sucitare pietà in chiunque lo osservasse.
Quando infine la mia anima tornò al mondo oggettivo,
alle cose vere che la circondano, che stanno fuori da lei,
mi resi infine conto che quelle mie visioni rappresentavano avvenimenti reali.
La mia guida, che mi poteva vedere comportarmi
come un uomo che si è appena risvegliato faticosamente dal sonno,
disse: “Cosa ti è successo che non riesci a reggerti bene in piedi,
ma hai camminato per più di mezza lega
tenendo gli occhi semichiusi e con le gambe malferme,
come se fossi sopraffatto dall’alcool o dal sonno?”
“Mio caro padre, se sei disposto ad ascoltarmi, io ti racconterò”,
risposi allora io, “le visioni che mi sono apparse
quando, come hai detto, persi la capacità di camminare.”
E lui a me: “Anche se tu avessi cento maschere
sopra la faccia, non mi sarebbero comunque nascosti
i tuoi pensieri, pur piccoli che siano.
Le visioni che hai avuto ti sono state mostrate perché tu non possa
rifiutare di aprire il cuore all’acqua della pace
che sgorga dalla fonte eterna di Dio.
Non ti chiesi “Che cosa hai?” per esserti comportato come chi
è in estasi, ha visioni pur non vedendo con gli occhi
e giace a terra svenuto;
ma te lo chiesi solamente per incitarti a camminare:
allo stesso modo bisogna infatti stimolare le persone pigre, troppo lente
a svegliarsi quando escono dal sonno.”
Noi camminavamo oramai nelle ore serali, prestando attenzione
nel guardare davanti a noi per quanto potevano fare i nostri occhi
con tro i raggi tardivi del sole prossimo al tramonto.
Quando all’improvviso ecco a poco a poco un denso fumo venirci
incontro, scuro come la notte;
e non c’era nessun luogo per poter trovare riparo contro di lui.
Questo fumo ci tolse la vista e la possibilità di respirare aria pura.
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