Tornando indietro con la narrazione alla notte degli intrighi, Don Rodrigo attende in una stanza del suo palazzo il ritorno dei suoi uomini. Quando li vede finalmente arrivare senza Lucia, la tanto desiderata preda, rimprovera subito il Griso con sarcasmo. Dopo aver ascoltato il racconto del capo dei suoi bravi, si trova però d’accordo nel sospettare la presenza di una spia nel gruppo e cerca quindi di rimediare ai rimproveri inziali. Chiede infine al Griso di minacciare il console per farlo tacere e di cercare di ottenere informazioni in paese sugli avvenimenti della notte.
Il giorno dopo è la festa di San Martino, termine della scommessa con il conte Attilio, che subito schernisce il cugino per avere perso. Don Rodrigo racconta a questo punto tutti gli avvenimenti, compreso il dialogo con padre Cristoforo. Attilio si prende carico di occuparsi del religioso, sfruttando l’influenza del conte zio, potente politico di Milano, ed anche di andare a parlare al podestà per assicurarsi i suoi favori nel caso venisse a sapere del tentato rapimento.
Nel frattempo, in paese, il Griso non ha problemi a ricostruire gli avvenimenti della sera precedente. Perpetua, Gervaso, la moglie di Tonio ed i genitori di Menico forniscono agli abitanti i pezzi necessari a ricostruire il mosaico del tentativo fallito di matrimonio a sorpresa e della successiva fuga a Pescarenico. L’unico aspetto a rimanere misterioso a tutti è la presenza del pellegrino e dei bravi a casa delle donne. Il nome di Don Rodrigo come mandante è in questo caso l’unico fatto certo.
Comunicate a Don Rodrigo le informazioni raccolte, ed esclusa la presenza di una spia, il Griso viene mandato a Pescarenico per scoprire le mosse successive dei tre fuggitivi. Anche in questo caso il bravo non fa fatica a compiere la missione (grazie al veloce corso, di bocca in bocca, della confidenza fatta dal guidatore del carro ad un suo amico) e può in breve tornare dal padrone, per riferire che Agnese e Lucia si trovano in un convento a Monza, mentre Renzo è diretto a Milano.
Il Griso viene così incaricato di andare a Monza e proseguire la ricerca. Il bravo vorrebbe questa volta sottrarsi all’incarico, dicendo che a Monza Don Rodrigo non è famoso quanto lo è invece lui, essendoci una cospicua taglia sulla sua testa. Il signorotto è però fermo nel suo ordine e conclude anche, con orgoglio, dicendo che non crede di essere poi così poco famoso in quella città.
Partito il Griso, Don Rodrigo decide di avvalersi di Azzecca-Garbugli per allontanare definitivamente Renzo da Lucia, facendolo cacciare dallo stato. Famosa la frase: saprà trovare, qualche garbuglio da azzeccare a quel villanaccio: altrimenti gli muto nome. Per ottenere il suo intento, otterrà però un aiuto maggiore dallo stesso Renzo.
Tornando ora a parlare di Renzo, il giovane, salutate dolorosamente le donne, si avvia come stabilito da padre Cristoforo verso Milano. Durante il viaggio, alternando momenti di rabbia a momenti di pietà, ebbe ammazzato in cuor suo don Rodrigo, e risuscitatolo, almeno venti volte. Arrivato in città, Renzo non ci mette molto a capire che è in pieno svolgimento una sollevazione popolare e che i forni sono stati presi d’assalto: farina e pani sono sparsi ovunque, molte persone, una famiglia completa in particolare, completamente ricoperte di farina e con l’andamento di chi ha preso delle botte, fanno ritorno a casa cariche oltre ogni limite di pane e farina.
Renzo raccoglie timorosamente tre pani abbandonanti per strada, con l’intenzione comunque di pagarli se dovesse incontrare il loro proprietario, e si avvia verso il convento. Giunto a destinazione, chiede di poter incontrare padre Bonaventura. Il padre guardino gli risponde che il frate non è presente in quel momento, gli nega l’ingresso e gli consiglia di aspettare in chiesa. Il vortice del tumulto attrae però il giovane, che, spinto dalla curiosità, non può fare a meno di incamminarsi verso i luoghi della ribellione.
Per comprendere gli avvenimenti che si stanno svolgendo a Milano è necessario conoscere alcuni fatti storici.
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